Fino a che nel 1968, all’età di 22 anni , viene notata e assunta da Alain Bernardin nel suo famoso locale di strip tease parigino, il Crazy Horse, dove ci rimane per nove anni. «Ero una specie di clown e Alain mi battezzò come ‘Rosa la bolognese – ricorda la showgirl, danzatrice, attrice e cantante torinese -. In quel tempo non mi piacevo molto, era l’epoca di Veruska che era alta un metro e ottanta, mi sentivo lontana da quel modello, solo dopo che arrivai al Crazy Horse imparai a sentirmi bella». Dal primo numero quasi comico si incarna nel mito della nudità femminile estremizzata al rango d’opera d’arte assoluta: «Avevamo la consapevolezza che un momento fugace ci rendeva perfette».
All’inizio semplice strip tease, poi il nudo integrale vero e proprio. Una
Nel 1979 Rosa si dimette dal Crazy Horse e lascia Parigi. In quell’anno, incide il singolo Crazy Moon, edito dalla RCA, che ottiene un buon successo commerciale in Spagna. Pubblica in seguito un nuovo singolo, Non mi chiedere perché, nel 1984. In questi anni posa anche per “Playmen” ed è testimonial dello spot pubblicitario dell’Intimo Roberta, che per primo ha mostrato in tv un sedere.
Contestualmente appare in alcune trasmissioni per la televisione conducendo nel 1983 su Rai 2 il varietà sexy Il cappello sulle ventitré, trasmesso nella seconda fascia serale: «Avevano pochi soldi e pensavano che io con un numero di strip tease avrei risolto tutto, ma nessuno osò scrivere sul contratto che mi sarei dovuta spogliare». Le regole sono che il nudo venga concordato da precise clausole. «Fu alla quarta puntata, la mia collega Trucula Bon Bon aveva un vestito un po’ largo che ogni tanto le scendeva sul seno, lei lo tirava su e si ricopriva. Dietro le quinte il regista Mario Landi però imprecava perché pretendeva di poter rubacchiare quel po’ di nudo. Allora chiesi la camera in primo piano e gli urlai davanti a tutti che era un porco, se voleva il nudo non aveva bisogno di trasformare il pubblico in un gruppo di guardoni, il nudo glielo davo io, anche integrale! E così mi tolsi tutto, anche se non ero pagata per farlo. Era la mia maniera per salvare il pudore di noi artiste che quella gente aveva offeso».
Torino è rimasta nel suo cuore, tant’è che intervistata di recente ha dichiarato: «Se parliamo di sensorialità, Torino vanta la cucina migliore del mondo. Nulla sostituisce il Barolo, il riso Arborio, il modo di cucinare la selvaggina, senza panna, odio la panna. E poi il diabolico… Noi torinesi non abbiamo paura del diavolo, sappiamo bene che non esiste. Che non è altro che la forma distorta dell’estasi».