La sua carriera subisce un brusco stop nel 1915, quando è costretto ad arruolarsi con la brigata fanteria Pinerolo per andare a combattere nella Grande Guerra. Una volta tornato dal fronte, da qui in avanti giocherà a centrocampo. Abile dribblatore e ottimo marcatore, diventa un punto fermo della formazione bianconera. Il pubblico lo applaude per la capacità di rubare palla con estrema facilità e per come affronta spavaldamente gli avversari. Alle cronache diviene presto noto, da una parte per il caratteristico stile con cui scende in campo, indossando un cappello bianconero, un copricapo con due alette che scendono fin sotto le orecchie che, unito a due baffoni minacciosi, gli conferiscono un singolare aspetto piratesco; dall’altra per l’abitudine decisamente lontana dai canoni della vita di atleta, di arrivare a fumare anche 140 sigarette al giorno.
La sua esperienza con i bianconeri prosegue sino al 1931: colleziona ben 234 presenze
Per Bigatto, la cui attività primaria è quella di gestire un deposito di legname, il calcio rappresenta più che altro un modo per pubblicizzare la sua azienda, tanto che per mantenere una condizione privilegiata che gli permette di fare quello che vuole, tra cui l’avere il vizio del fumo. Per tutta la carriera mantiene lo status di dilettante rifiutando sempre di venire stipendiato dalla società juventina. Dalla stazione 1923-1924 viene indicato anche come Bigatto I per distinguerlo da Giorgio Bigatto, approdato nel frattempo in maglia bianconera.
Primo capitano e soprattutto prima bandiera del club bianconero, Bigatto va considerato come l’ideale trait d’union tra la Juventus dei fondatori e quella del Quinquennio d’oro. Scende in campo per l’ultima volta il 21 dicembre 1930 contro la Lazio, all’età di 35 anni, prima di ritirarsi a causa di tendini ormai malandati. Appese le scarpette al chiodo, allena la Juventus nell’annata 1934-1935, subentrando in dicembre all’esonerato Carlo Carcano, staccando a fine stagione l’Ambrosiana-Inter di 2 punti in classifica e portando i bianconeri a vincere il quinto scudetto consecutivo. L’anno successivo viene sostituito da Virginio Rosetta e diviene dirigente del club bianconero. Qualche anno dopo è nominato presidente della sezione bocce del sodalizio stesso.
Dopo una lunga malattia, Bigatto scompare a Torino nel 1942, all’età di 47 anni.