Attività fisica e alimentazione rallentano la degenerazione del morbo e aiutano l’azione dei farmaci. Gli studiosi sono convinti che l’attività fisica stia diventando una vera e propria terapia
Fino ad ora l’unico tipo di movimento consigliato ai malati era quello di tipo riabilitativo per combattere l’atrofia dei muscoli. Lo sport ha infatti un effetto preventivo, come dimostrato anche dallo studio pubblicato su “Brain” e condotto in Svezia su 43.368 persone, seguite per oltre 12 anni. A conti fatti, era emerso un minore rischio di malattia tra chi pratica costantemente esercizio fisico.Chi soffre di Parkinson ha infatti una alterata capacità di compiere i movimenti automatici, quelli che abitualmente facciamo senza pensare, come camminare. Così il passo prende quell’andatura tipica, lenta e strascicata.
Sotto la guida di un fisioterapista, si insegna allora al paziente come comandare i pattern motori automatici e far sì che diventino atti volontari, gestibili dal paziente stesso. Da qui in poi, può scegliere uno sport a piacere, senza limitazioni, oppure continuare a praticare quello di sempre. È fond amentale però la costanza: almeno 30 minuti al giorno per cinque giorni alla settimana. Il meccanismo è ancora sconosciuto, ma poco importa in questa fase. L’importante sono i risultati. L’attività fisica infatti si sta trasformando in una vera e propria terapia che permette di allungare i tempi della cosiddetta “luna di miele” farmacologica, cioè gli anni in assenza di sintom.