Il tutto non è casuale, ma è il riflesso del carattere della città, di bronzeo silenzio ma attiva, bogianen solo per cose poco importanti, come testimonia una vecchia poesia messa in bocca a Giandoja che recita: “… Noi soma i fijoi d’Giandoja, noi soma i Bogianen, ma quand la testa a roja al di` dle bote a ven …”. Torino non è mai mancata ai grandi appuntamenti con l’Italia, una città d’aspetto e carattere poco italiano che continua ad amare il suo paese, nonostante sia poco contraccambiata.
La piazza
Torniamo alla nostra piazza, essa è considerata una delle più belle d’Europa, 186 metri per 76: 13.000 metri quadri di armonia e completezza, due belle chiese, un monumento-capolavoro, pregevoli palazzi gentilizi che contengono antiche istituzioni e una sfilata di negozi di prestigio, il tutto incastonato nella via principale della città, via Roma.
La piazza, che inizialmente si chiamava “Reale” è frutto del primo ampliamento di Torino al di fuori degli antichi confini delimitati dalle mura romane è stata costruita tra il 1640 e il 1644 su disegno di Carlo di Castellamonte, il complesso inizialmente era anche più raffinato dell’attuale, perché gli archi erano sorretti da colonne binate che furono poi annegate dentro pilastri nel 1773 a causa di cedimenti pare dovuti a materiali scadenti. I palazzi che la circondano erano abitati un tempo dalle più insigni famiglie di Torino, il più pregiato è quasi certamente il palazzo Solaro del Borgo (1640), ricostruito da Benedetto Alfieri è uno splendido esempio del gusto decorativo settecentesco, attualmente è sede di due antiche e importanti istituzioni cittadine: l’Accademia Filarmonica e il Circolo del Whist.
Il monumento
Insieme alla Mole Antonelliana e alla Basilica di Superga è uno dei simboli della città, ma uno di quei simboli non scelti da una agenzia pubblicitaria, ma dal cuore della gente, anzi l’affetto è stato tale che ha avuto un suo specifico nome in dialetto: “L’caval ‘d brons “, il cavallo di bronzo. Dimostrazione dell’interesse è che a Torino sono molti e belli i monumenti equestri ma il “cavallo di bronzo”, senza altri attributi, è solo quello di piazza S. Carlo.
Dal 1838 è testimone degli eventi della città, dai morti e feriti delle sommosse per la perdita della Capitale del 1864 ai festeggiamenti per le guerre vittoriose e per i successi sportivi, muto e sgomento testimone dei primi bombardamenti aerei della città, paziente uditore di comizi politici e concerti musicali, solo due volte s’è allontanato dal suo posto di guardia, a metà della Seconda guerra Mondiale per ragioni di sicurezza, e negli anni 80 per un restauro.
Il monumento raffigura uno dei più eminenti esponenti di casa Savoia, Emanuele Filiberto detto “Testa di Ferro” ritratto nell’atto di riporre la spada dopo la vittoriosa battaglia di S. Quintino (1557), che fruttò alla casa regnante la restituzione dei suoi domini; i bassorilievi
Le chiese
Il lato della piazza che volge verso la stazione di Porta Nuova è formato dalle due chiese affiancate di S. Carlo (1619) a destra e S.Cristina (1639) a sinistra che completano la scenografia della piazza. La prima fu costruita da Maurizio Valperga (v’è qualche dubbio sulla paternità), la seconda eretta per volontà di Madama Reale su disegno di Carlo di Castellamonte, fu completata nel 1718 dall’armoniosa facciata di Filippo Juvarra, autonoma nelle forme ma in armonia e senza fratture estetiche con la chiesa gemella antecedente.
La vita
Come abbiamo già accennato la piazza è uno dei luoghi principali della vita della città, se piazza Castello è
Dopo la pedonalizzazione la piazza ha perso un po’ la sua funzione di palcoscenico quotidiano sia degli atti ufficiali e manifestazioni pubbliche, sia del normale passeggio dei cittadini. Quando scende la notte la piazza, con il suo aspetto simmetrico ma caldo, da salotto buono con arredi barocchi, era un tempo l’ultimo angolo della città ad essere abbandonato, sia per la chiusura in tarda ora di alcuni dei locali pubblici che vi si affacciano e anche perché era abitudine e tradizione acquistare la prima edizione del quotidiano cittadino, verso mezzanotte dagli strilloni ai piedi del monumento, e fermarsi sulla piazza a commentare fino a tarda ora i fatti di rilievo.
Adesso è un po’ meno viva e nottambula, l’asse di quella che oggi si chiama movida si è spostato verso piazza castello e piazza Vittorio. Ma il fascino rimane immutato, il tempo è passato, le carrozze e gli omnibus hanno lasciato il passo ad auto ed elicotteri che sfrecciano a bassa quota, le ragazze in minigonna hanno preso il posto delle dame in crinolina, ma da oltre trecento anni lo spirito del luogo è invariato: era e rimane il cuore affettivo della città.