Secolo dopo secolo come si è evoluto il servizio di pronto intervento. le prime testimonianze risalgono al 1326 quando fu attivato un sistema che garantisse la possibilità di disporre di mezzi per raggiungere con una certa rapidità l’area interessata dall’incendio
Come abbiamo visto nell’articolo precedente (1), la nostra città è stata interessata da una lunga serie di incendi che, oltre a produrre effetti devastanti diretti, hanno anche lasciato tracce rilevanti nel nostro immaginario: sono indicativi alcuni modi di dire dialettali che pongono in evidenza l’atavica paura per il fuoco.
Emblematico questo frammento di saggezza popolare: ël feu dla guèra a sa odor ëd sorfo e ‘d mort e ‘l feu an cassin-a a sa odor ëd miseria, che può essere così tradotto: il fuoco della guerra ha odore di zolfo e di morte e il fuoco in cascina ha l’odore delle miseria.
Fu a partire dal 1326 che a Torino fu attivato un sistema che garantisse la possibilità di disporre di mezzi per intervenire con una certa rapidità qualora fosse scoppiato un incendio. Allora gli incendi erano piuttosto numerosi e il Comune, al quale spettava le spese per rimborsare i cittadini che avevano avuto dei beni bruciati, volle organizzarsi in modo da ridurre i danni. Un ordinato civico dell’8 dicembre 1441 stabiliva che l’acqua dei canali d’irrigazione percorresse tutta la città, in modo tale da disporre di una riserva sempre pronta. Nel marzo 1448, sempre per motivi di carattere preventivo, si proscriveva, comminando forti multe ai trasgressori, che tutte le coperture delle case in paglia fossero via via sostituite con pietre.
A Torino, intorno alla metà del XV secolo, si formò una prima
L’aumento della disponibilità dell’acqua urbana contribuì notevolmente a sorreggere l’organizzazione di vari sistemi atti a spegnere gli incendi: uno dei più evoluti, siamo nel XVIII secolo a Torino, fu realizzato da Marco Spet, “Maestro d’ingegni”. La sua realizzazione era “una macchina atta ad estinguere il fuoco in evenienza di incendio, la quale avrebbe la forma di un carro contenente la cassa e la tromba di metallo atta a diffondere l’acqua con tal impeto da giungere alle cime dei più alti palazzi; altra media, capace di circa quattro brente e maneggevole da due uomini; altra minore invenzione valevole a spegnere con facilità il fuoco in una canna di camino”.
Quando si verificava un incendio il brentatore doveva riempire la brenta d’acqua e accorrere sul luogo del disastro.
Carlo Emanuele II, con un editto del 22 settembre 1680, incaricò ufficialmente i cantonieri di intervenire in caso di incendi coadiuvando i brentatori: “Si rimetterà a custodia dei medesimi qualche quantità di secchie di corame le quali conserveranno diligentemente per servirsene in occasione che venisse ad appiccarsi il fuoco a qualche casa, nel qual caso dovranno essi cantonieri et particolarmente quelli che habiteranno nelle isole vicino al logo doue si trouverà acceso il fuoco accorrere immediatamente con dar auiso alle brentatori e mastri da bosco e da muro acciò tutti con ogni diligenza si portino a fare le parti loro per estinguerlo, il che tutto dovrà seguire senza confusione, disordine, guasti od esportamento di robba. Et acciò meglio si possa conseguir l’intento si procurerà che in ogni Isola vi abiti qualcuno dei suddetti brentatori e mastri da bosco e da muro acciò siano più pronti e pontuali a servire in ogni occorrente”.
La definizione “Vigile del fuoco” nasce nel Novecento e diventa di uso comune solo dopo la Prima Guerra Mondiale, per indicare principalmente l’addetto ai servizi antincendio dipendente dal Comune o dallo Stato. Diventa poi ufficiale alla nascita del Corpo Nazionale, quando a “pompiere” vengono attribuite sfumature negative e forse offensive.
Il testo unico sulle leggi comunali e provinciali del marzo del 1934 considerava obbligatoria la spesa relativa alla istituzione di tali servizi. solo per comuni capoluogo di provincia e per quelli che avessero comunque una popolazione superiore a 40.000 abitanti.