TORINO. Non sono in molti i torinesi che conoscono il nome di Giovanni Michele Graneri (1708-1762), uno dei maestri indiscussi dei cosiddetti bamboccianti. Eppure nel capoluogo ha operato per anni, sulla scia di una scuola formatasi a Roma, alla metà del XVII secolo, intorno al pittore olandese Pieter van Laer (1599-1642), che per l’aspetto fisico (era gobbo e sproporzionato) fu detto Bamboots, italianizzato in Bamboccio.
Gli artisti della sua scuola, strutturarono una poetica basata sull’attenzione per le piccole cose quotidiane, focalizzandosi soprattutto sulla vita vissuta della parte più minuta della popolazione. Taverne, mercati, feste di piazza, giochi, ma anche risse ed eventi ritenuti straordinari, costituiscono la struttura portante dell’opera di artisti che hanno dipinto vicende minime, interpretate con linguaggio aneddotico, semplice, ma sempre molto vivo e coinvolgente.
E così la scena di un mercato si amalgamava a quella dei festeggianti per il Carnevale: venditori e artigiani con i loro banchi fanno corona a un palco traballante sul quale alcune maschere regionali richiamano atmosfere da Commedia dell’Arte. Ma sono tanti i dettagli che ci restituiscono aspetti della cultura dell’epoca, invitandoci a perderci tra gente e animali, in un ambiente di cui possiamo solo immaginare rumori, voci, odori e colori.
Emblematica in tal senso la tela “La punizione delle venditrici di uova marce”, la cui pena, non scritta ma facente parte della giustizia popolare, prevedeva che le colpevoli fossero colpite dagli stessi prodotti andati a male di cui avevano fatto disonesto commercio. In questa, come in altre opere di Graneri, vi è quell’ironia che l’artista ha lasciato trasparire per esempio nelle tele che raffigurano il “Cavadenti” operante sulle piazze e dove la gente svolge le più svariate attività; una parte di loro però non sa resistere alla tentazione di assistere a quel singolare spettacolo e si affolla intorno al palco di quell’odontoiatra sui generis.
Sullo sfondo il paesaggio urbano di una Torino della quale sono riconoscibili palazzi e chiese, alcuni rimasti sostanzialmente inalterati. In altri casi è lo stesso artista a indicarci l’ubicazione, segnalandola nel titolo dell’opera, come per esempio: “Rissa presso l’albergo Croce Bianca”, o “Borgo Dora”, con il suo esercito di lavandaie, o ancora “Piazza San Carlo”, affollata da ogni genere di categorie sociali.