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Amedeo VIII di Savoia, il “pacifico” conte che divenne duca e anche antipapa

Amedeo VIII Pontefice con il nome di Felice V e il suo conio

Risalendo fino al Quattrocento l’albero genealogico dei Savoia, la dinastia più antica d’Europa, ci si imbatte in un personaggio davvero originale. Si tratta di Amedeo VIII (1383-1451), figlio del più noto Conte Rosso e nipote dell’ancor più noto Conte Verde, figure carismatiche e leggendarie agli albori della storia sabauda. Amedeo VIII,  avendo avuto una rigida educazione militare,  se la cavava benissimo a tirar di spada e a cavalcare i destrieri, ma si era presto dimostrato – soprattutto – un abile politico, e un astuto diplomatico. Non aveva una salute solidissima, era anche leggermente strabico: insomma, fisicamente, non era proprio niente di che. Ma si seppe distinguere per essere un  principe davvero moderno, con una sensazionale capacità di negoziare accordi e alleanze, tenendo sempre sul tiro le controparti: un grande temporeggiatore che si schierava esplicitamente con un alleato solo quando fosse stato ben sicuro dei vantaggi che da quell’accordo sarebbero scaturiti per il suo Stato.

Nel 1394, a soli dieci anni, a Chalon fu celebrato il suo matrimonio con Maria, figlia del duca di Borgogna. Attorno ai vent’anni assume il comando dello Stato e si mette presto in luce per il carisma del suo governo e per  i primi successi militari in Piemonte (come la conquista della Val d’Ossola, sottratta ai Visconti). Nel 1416, l’imperatore Sigismondo di Lussemburgo gli conferisce così il titolo di Duca di Savoia, per i suoi meriti politici e militari. Negli anni successivi, il neo-Ducato, sotto la guida sapiente di Amedeo VIII, che intanto si era aggiudicato l’appellativo di “Pacifico” (ma era davvero un principe così pacifico?), annette le piazzeforti di Vercelli e di Mondovì, e si spiana la via del mare, ottenendo la sottomissione del Conte di Tenda.

Sul piano politico e amministrativo, Amedeo VIII realizza una vera rivoluzione, costituendo due “Consigli” (assemblee con funzioni esecutive, legislative e giurisdizionali), uno in Savoia, a Chambéry, l’altro (il Consiglio Cismontano), in Piemonte, con sede a Torino. Funzioni decentrate di potere militare, finanziario e amministrativo sono anche distribuite ai “castellani”, diffusi in tutto lo Stato, vicari del potere centrale, cui è delegato il comando delle truppe locali e la riscossione dei tributi.

Amedeo VIII, detto “il Pacifico”, guarda al Piemonte come un nuovo baluardo di espansione per il Ducato, e – in particolare – guarda a Torino (che intanto è diventata sede arcivescovile e si è dotata di una Sede universitaria) come un potenziale futuro baricentro burocratico, amministrativo e culturale di tutto lo Stato. Nel 1434, Amedeo VIII lascia il trono del Ducato di Savoia a suo figlio Ludovico. Il Duca dimissionario aveva solo cinquant’anni: per quei tempi, in cui la fatica di vivere logorava precocemente  i fisici e le menti, quella era già una veneranda età, tanto più per chi era a capo di un piccolo Stato intraprendente come quello di Savoia, ma continuamente esposto alle mire espansionistiche dei più grandi e potenti Stati confinanti.

Dalla Corte di Chambéry, Amedeo VIII si ritira a sorpresa nel monastero di Ripaglia, sul lago di Ginevra. Fu una vocazione tardiva? Una scintilla di santità? Difficile a dirsi, tanto più che secondo la relazione di un prelato dell’epoca, Enea Silvio Piccolomini (che sarebbe poi diventato papa col nome di Pio II), in visita a Ripaglia, la vita condotta nel convento sembrava spesso più ispirata alla mondanità che alla pratica religiosa e alla meditazione monastica. Non sarebbero infatti mancate né le frequentazioni di avvenenti cortigiane, né le occasioni per banchettare lucullianamente, annaffiando le portate con vini prelibati che annebbiavano le menti dei conviviali.

Certo è però che Amedeo VIII godesse dell’appoggio di un’ampia schiera di prelati, soprattutto delle curie di Vercelli, Aosta, Ivrea e Torino, che avrebbero giurato sul suo comportamento pio e morigerato. Tant’è vero che quando i vescovi francesi e tedeschi, riunitisi in Concilio a Basilea nel 1439, decidono di deporre il papa Eugenio IV, accusato di essere simoniaco, ribelle e scismatico, chi decidono di eleggere Papa in sua vece? Il “Duca di Ripaglia”, cioè proprio Amedeo VIII, detto ”il Pacifico”. E così, il Duca di Savoia (che fu Conte) completa la sua straordinaria carriera politica e ecclesiastica, assumendo il nome di Felice V ed il titolo di Papa. Anzi: di antipapa, per la verità. Ma resta la straordinarietà di questa figura storica, che guardava al Piemonte come terra di espansione del suo Stato (aveva  conquistato gran parte del Biellese, del  Vercellese e del Cuneese) e sognava Torino come fulcro e capitale in pectore del suo Stato.

Il duca Amedeo VIII di Savoia

Amedeo VIII tenne la somma carica religiosa per dieci anni, fino al 1449, quando – ormai sostenuto solo più dal Duca di Baviera e dall’elettore di Sassonia – depone la tiara pontificia. Morirà due anni dopo, nel 1451: sarà sepolto nel Monastero di Ripaglia, dove il figlio Ludovico fece erigere un sontuoso monumento funebre. Ma c’è un interessante corollario: la tomba del Duca diventa meta costante di pellegrinaggi da parte dei suoi sudditi, che gli attribuiscono guarigioni miracolose. Un’aura dunque davvero particolare attorno questa figura storica, spesso dimenticata, che invece merita sicuramente di essere rispolverata e valorizzata, per la sua peculiarità e per la sua influenza nelle vicende storiche della di Casa Savoia. Ma soprattutto, per l’attenzione con cui il Duca aveva guardato al Piemonte, e a Torino in particolare, città da lui considerata al centro del progetto di  formazione e di consolidazione dello Stato Sabaudo poi realizzato dai suoi successori.

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