storia di un oggetto quotidiano diventato da museo: la chiavetta della scatola di sardine

Recentemente su Facebook in “Amici del Piemonte” è stato postata1 l’immagine di una vecchia chiavetta apriscatole. Avrei voluto inviare un commento su quell’oggetto più da “amarcord”2 che non da pretesto per alcune riflessioni sulla società e mercato dell’arte. Non l’ho fatto. E questo perché mi sono ricordato che, non tanti anni fa (2018), avevo realizzato “concetto spaziale: mare”, un lavoro di arte concettuale.

Quel lavoro, che vede l’utilizzo di una classica chiavetta, già stato proposto nel 1968 sotto il titolo “Omaggio a Lucio Fontana” in una mostra tenutasi a Diano Marina nell’agosto del 1972, ora, con altri due della stessa serie, si trova ora esposto presso il museo della Galleria del Premio Suzzara (MN).

Non voglio qui ripetere quanto ho scritto allora, e che ancora sottoscriverei. Riporto solo alcune righe tratte dalla conclusione del libro di presentazione, “il trittico contro”3 (che si trova a titolo gratuito integralmente online) e l’immagine del lavoro.

Concetto spaziale: mare – […] va considerato come un’opera neo-concettuale in quanto si rifà (senza neo) a quella corrente artistica che trova, come precursore, il Marcel Duchamp (1877-1968) della corrente francese dada. Suo, infatti, il tentativo di sostituire la “pittura-pittura” con la “pittura-idea”. Può essere. Mi sono perso tra le tante etichette che sono state inventate nel XX secolo. Così non ho niente da aggiungere. So solo che anche per me vale il portare in primo piano il pensiero e il concetto rispetto all’impatto visivo ed emotivo dell’opera d’arte. Non so se quanto dico possa essere di una qualche utilità. Come ho già detto all’inizio io arrivo dalla cultura stracciona della strada. Una strada dove nel ’68 anni uno degli slogan più in uso era “una risata vi seppellirà”. Con il tempo le rivoluzioni passano. Anche quelle culturali. Così come le loro parole. Ciononostante io partecipe (anche se misurato) di quegli avvenimenti sono rimasto fedele a quei principi per me irrinunciabili. Tra questi l’autoironia. Oggi, per quanto mi riguarda, nella mia maturata consapevolezza, passando dall’isola di Wight4 a quella che non c’è5, ho sostituito il vi di allora con il mi di oggi. Non è cosa da poco. Di qui questo trittico che non ha alcuna pretesa di cambiare il mondo. Ci sono cose più serie cui pensare. Forse. Resta il fatto che se qualcuno in un giorno qualsiasi si soffermasse di fronte ad esso per pensare a dove sta andando l’arte contemporanea, allora questo mio lavoro non sarebbe stato inutile. Irridere un sistema ci rende consapevoli della nostra connaturata pochezza. Anche se spesso la gente non ama che i pensieri che non fanno pensare6.

Come oggetto in sé una vecchia chiavetta apriscatole non meriterebbe tanta attenzione ma, a volte, anche la banale quotidianità ci può porre motivi di riflessione. Soprattutto se si ha qualche annetto.

Delfino Maria Rosso

NOTE

1 Marina Teresa Pairotti  – SE SAI A COSA SERVIVA COMINCI AD AVERE QUALCHE ANNETTO – 14 maggio 2021.
amarcord – rubrica online a cura dell’autore in www.quipiemonte.it
3 Delfino Maria Rosso – il trittico contro – a suzzara dopo no-place 3 – Torino –  settembre 2018
4 Nel 1968 si è tenuto nell’isola di Wight, in Gran Bretagna, il primo festival di musica rock.
5 Edoardo Bennato – L’isola che non c’è – dall’album Sono solo canzonette – 1980.
6 Stanislaw Jerzy Lec – citato a senso.

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