Salgono a 312 i Presìdi in Italia di cui 36 in Piemonte. Presentazione lunedì 4 marzo alle 1830 al ristorante “La Cadrega” di Moncalieri
MONCALIERI. Il Presidio Slow Food è un potente strumento di difesa delle piccole produzioni tradizionali. A oggi il progetto coinvolge più di 13 mila realtà produttive che con il loro lavoro sostengono l’economia locale, producono reddito, tutelano l’ambiente e salvano dall’estinzione razze autoctone, varietà locali di frutta, ortaggi e tecniche artigianali.
Per diventare Presidio il prodotto, oltre che essere buono, deve seguire un rigido disciplinare e deve rispettare canoni di sostenibilità ambientale. L’ultimo arrivato tra i Presìdi Slow Food è il cavolfiore di Moncalieri coltivato a ridosso delle colline a sud di Torino. Le origini di questo ecotipo sono francesi: probabilmente è stato introdotto in Italia quando i Savoia si sono insediati in Piemonte, con gli ortolani e i giardinieri della Casa Reale al seguito.
Il cavolfiore di Moncalieri fa il suo ingresso in società lunedì 4 marzo alle 18.30 al ristorante La Cadrega in piazza Vittorio Emanuele II 5 a Moncaliericon un aperitivo alla presenza dei produttori il Tasso, Ortobio e Vita in campo, chef e autorità.
Fino agli anni Settanta, non c’era famiglia contadina dell’area che non coltivasse questa varietà, particolarmente apprezzata e ricercata per via delle ottime caratteristiche organolettiche. La produzione è andata in crisi con il sopravvento dell’agricoltura industriale e la diffusione di cultivar caratterizzate da un ciclo produttivo più rapido e dimensioni maggiori.
Tuttavia, ancora oggi la sua sopravvivenza, nonostante l’inserimento nel Paniere dei prodotti tipici della provincia di Torino e nell’elenco dei Prodotti agroalimentari tradizionali (Pat), è affidata a pochi agricoltori che ne custodiscono le sementi. L’obiettivo di Slow Food è recuperare questo prodotto coinvolgendo nuovi coltivatori, valorizzarlo, farlo conoscere a consumatori e ristoratori. Il cavolfiore di Moncalieri si presta a qualsiasi tipo di preparazione: si mangia fritto, bollito, abbinato alla bagna cauda. Sono molto buone (sia crude, sia cotte) anche le foglie che lo avvolgono.
«È un momento molto importante per dare nuova linfa a questo ortaggio, anche perché stiamo parlando di un prodotto che si coltiva nella periferia di una grande città e potrebbe concorrere al suo sostentamento riuscendo a conservare le caratteristiche nutrizionali e organolettiche, perché dal raccolto alla sua distribuzione passano poche ore e non deve affrontare lunghi viaggi», spiega il responsabile Presìdi Slow Food per il Piemonte e la Valle d’Aosta, Roberto Sambo.
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