Due calotte di pasta frolla unite da una goccia di cioccolato fuso, come due labbra che si avvicinano: sono gli inconfondibili Baci di dama. Da oltre un secolo due città della provincia di Alessandria ne rivendicano la paternità: Novi e Tortona. Se andiamo a sfogliare la Guida Touring del 1931, considerata il primo catalogo di tipicità italiane, si parla di baci esclusivamente a Novi Ligure. La guida li descrive così: “specialità locale con mandorle, burro, zucchero, uova e farina profumati alla vaniglia”. Non se ne trova traccia a Tortona dove invece vengono nominati gli ormai estinti Giarolin. Questo basterebbe a mettere un punto se non ci fosse il lavoro scrupoloso di uno storico locale, il dottor Carlo Sterpone, che dopo decenni di ricerche era riuscito a dimostrare che i Baci di dama furono depositati come marchio dai fratelli pasticcieri Angelo e Secondo Zanotti nel 1890, in quel di Tortona. Ma negli Anni Trenta del secolo scorso l’oligopolio tortonese del dolcetto vacillò, in quanto la protezione del marchio perdette forza e quel prodotto diventò un patrimonio collettivo della pasticceria, non solo piemontese, ma italiana.
Prepararli in casa non è affatto complicato ma bisogna armarsi di pazienza per confezionarli uno a uno con precisione. Il primo passaggio è la preparazione della pasta frolla: farina 00, zucchero e burro in parti uguali a cui si uniscono nocciole Piemonte sbriciolate, se si vuole seguire la ricetta originale, e un po’ di buccia di limone grattugiata. Lavorando l’impasto con le mani si modellano delle palline molto piccole da cuocere in forno: una volta cotti, i biscottini si uniscono a due a due con un po’ di cioccolato fondente fuso in mezzo.
Della ricetta ovviamente si possono trovare diverse varianti. La più nota è senza dubbio quella di Alassio, chiamati appunto Baci di Alassio, in cui si aggiunge cacao e miele ai biscotti. Questa variante ebbe un tale successo che fu brevettata nel 1919 dal suo creatore Pasquale Balzola. Ancora oggi sono prodotti secondo l’antica ricetta originale di Balzola e di suo figlio Rinaldo (pasticcere personale del re d’Italia Vittorio Emanuele III dal 1932 al 1938) e giungendo ai giorni nostri. Seguendo l’Appennino arriviamo al Bacione tipico di Firenze, un guscio di pasta frolla con un ripieno di gianduia amaro e granella di nocciole. Anche Assisi ha un suo bacio però molto più simile a un amaretto, con pasta di mandorle noci e nocciole. Esistono dei Baci di dama persino nella zona di Lamezia Terme, in Calabria: sono caratterizzati dall’essere ricoperti per metà da un sottile strato di cioccolato fondente.
Anche la Lombardia è ricca di Baci: ci sono quelli di Torricella, di Voghera e di Pavia, che sono molto simili al prototipo tortonese, mentre a Verona non potevano mancare i Baci di Romeo e di Giulietta, che come nella versione tortonese sono piccoli biscotti con mandorle e nocciole uniti da una ganache di cioccolato. In Valle d’Aosta ritroviamo il modello cialda e ganache nei baci di Cogne, dove a dominare la scena sono però cioccolato e nocciole, e nei baci di Nus dove fanno la loro comparsa le noci.
Tornando in Piemonte, altre varianti dei baci di dama sono i torinesi Umbertini, ripieni di cioccolato, i Basin di Madama Racchia di Bene Vagienna, nel Cuneese, la cui guarnizione è una confettura di mele e lamponi. Eppoi i Baci di Crea (Al) e quelli alessandrini di Gallina dal nome dell’omonima pasticceria che inserisce nell’impasto il cacao. A Nizza (At), nell’ultimo decennio, è nato il Bacio di Nizza Monferrato con due cialde di nocciola Tonda Gentile e una ganache di crema alla Barbera. In Langa il Bacio di dama è diffuso pressoché ovunque, ma domina la versione delle cialde con la farina di nocciola Tonda Gentile e spesso a produrli sono le stesse aziende agricole proprietarie dei noccioleti. E, ancora, nel Torinese troviamo i Baci di Bersezio, farciti con crema di marron glacé, oppure quelli di Bardonecchia e di Sauze d’Oulx.
L’elenco non si ferma ovviamente qui. Sicuramente ci sarà modo di parlare anche di altre leccornie che sono sfuggite a questo elenco.
Piero Abrate
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