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Morire di selfie, quando l’autoscatto è letale: crescono i casi da Nord a Sud

E’ diventata una moda tra i giovanissimi, ma sovente dietro all’angolo si nasconde un dramma. L’ultimo caso a Sesto San Giovanni, protagonista un quindicenne. Qualche mese fa un dramma anche in Val di Susa per il desiderio di due ventenni che volevano immortalare in un video il salto di una cascata di un torrente

Rischiare la vita per stupire amici e follower con foto e video al limite, tra le vertigini del vuoto e il brivido della velocità folle, vicinissimi a dirupi o in cima a grattacieli. Il caso del quindicenne che ha perso la vita per un selfie a Sesto San Giovanni è l’ennesima pagina nera di una moda che ha mietuto vittime e feriti, alla ricerca spasmodica di un’immagine cult, destinata in pochissimi minuti a diventare “virale”. Un “gioco” che sfocia però spesso nel dramma. E negli ultimi tempi non sono pochi i casi di adolescenti che hanno perso la vita alla ricerca del selfie perfetto. Accade ad esempio che in una sera d’estate un adolescente si sdrai sulla strada per filmare con il cellulare l’amico del cuore che passa con lo scooter, ma che questi fatalmente lo investa. E’ accaduto a fine luglio in provincia di Terni, e la bravata è finita con la morte del sedicenne e il suo amichetto in ospedale.

Tra gli eventi tragici quello che ha riguardato una ragazzina ungherese di 15 anni, annegata in una spiaggia della Gallura, in Sardegna: in compagnia di una zia si era issata su una roccia a picco sul mare per scattarsi un selfie mozzafiato quando un’onda di sette metri l’ha trascinata in acqua. E’ finito in tragedia anche il desiderio di due ventenni che volevano immortalare in un video il salto di una cascata di un torrente. Lo scenario è la Valle di Susa, la primavera scorsa, a pochi chilometri da Torino. Qui i due ragazzi, appassionati di arti circensi, nel tentativo di fare un salto sono precipitati nell’acqua gelida e per uno di essi non c’è stato nulla da fare: i soccorritori l’hanno recuperato morto per affogamento.

Epilogo assurdo anche per un ragazzo di appena 13 anni che a Soverato, in provincia di Catanzaro, ha perso la vita investito da un treno che – sembra, ma le ricostruzioni sono controverse – intendeva mettere come sfondo a un selfie. Il giovane è morto sul colpo, mentre due suoi amici sono fortunatamente rimasti illesi. Hanno raccontato, ancora sotto shock, che l’idea era quella di posizionarsi sui binari in modo tale da cogliere nello scatto l’arrivo ad alta velocità del convoglio.

A Padova ha fatto scalpore il caso di 4 ragazzi saliti sul cornicione di un grattacielo per farsi una foto. Tutti con un’età compresa tra i 16 e i 17 anni, sono stati denunciati per procurato allarme. Ai poliziotti, secondo un copione ormai logoro, hanno spiegato che era tutto un gioco e che non avevano considerato il pericolo che avevano corso.

La voglia di selfie non si ferma neanche di fronte a una donna ferita dopo essere stata investita da un treno. E’ successo nella stazione di Piacenza, con la donna che ha perso una gamba e il giovane autore dell’autoscatto identificato dalla Polfer e costretto – non senza proteste – a cancellare le foto dallo smartphone.

Che il selfie estremo, quello quindi ad alta carica adrenalinica, sia un’attività piuttosto diffusa tra giovani e giovanissimi lo certifica anche un sondaggio di Skuola.net, portale dedicato al mondo della scuola: da un report effettuato su quattromila studenti è emerso che un 18 per cento di giovani lo ha fatto per provare sensazioni forti; un altro 10 per cento ha invece ammesso di aver rischiato perché in qualche modo “costretto” dal branco.

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