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Live strepitoso dei Modena City Ramblers all’Hiroshima: si replica il 28 dicembre

TORINO. Sono inarrestabili i Modena City Ramblers che, dall’uscita del loro ultimo disco “Mani come rami, ai piedi radici” (10 marzo 2017) hanno calcato oltre 130 palchi in tutta Italia. Dopo i festival, le arene e le piazze, la band emiliana torna a suonare nella dimensione accogliente dei club: per questo tour, infatti, lascia a casa le chitarre elettriche e gli amplificatori e si affida al sound da cui tutto è partito, quello dei primi dischi, figlio del folk irlandese e della cattiveria punk dei Pogues.“Riaccolti” da tanti numerosi locali in cui si sono esibiti in passato e per la prima volta sui palchi di nuovi club. Ieri sera sono saliti sul palco dell’Hiroshima Mon Amour per un live strepitoso davanti ad un pubblico molto partecipe, che ha fatto registrare il tutto esaurito.

Fin dal primo brano “Clan banlieu” (brano del 1996 dove si sentiva la voce di Mara Redonghieri degli Ustmamò) si capisce che la band emiliana manterrà la promessa fatta e cioè  «come in principio e come sempre sarà, faremo ballare, sudare, commuovere e gioire il nostro pubblico». Nella scaletta si salta fra discografia passata e presente: l’allegria e positività di “Volare controvento” , l’energia e la carica di “Welcome to Tirana” o “El senor T-Rex”, il ricordo di amori passati nel brano “Gaucho, io e te”. Pezzi contenuti nell’ultimo album Mani come rami ai piedi radici, un titolo metaforico che ben rappresenta il sentire dei Ramblers nei confronti della vita e del loro percorso artistico: mani e rami che abbracciano, accolgono, cercano, piedi e radici che tengono ben saldi, sostengono e ricordano.

La band parte da un lontano passato  per riproporre pezzi come il suo arrangiamento di “Bella ciao” oppure “In un giorno di pioggia” o “Contessa” contenuti nell’album “Riportando tutti a casa” del 1994. Dall’album “La grande famiglia” del 1996 sembra di essere catapultati nel mezzo di una festa popolare, in un pub pieno di birra dal brio e dall’allegria di “Le lucertole del folk” ma anche in un’atmosfera completamente diversa per “Canzone della fine del mondo”. Molto suggestiva “Transamerika” contenuta nell’album “Terra e libertà” del 1997 ispirata dall’avventura di Ernesto “Che” Guevara e dell’amico Alberto Grenado che da giovani decisero di percorrere in moto buona parte dell’America latina per conoscere persone e costumi di popolazioni diverse fra loro.

Dell’album “Viva la vida muera la muerte” del 2004 vengono proposti “Ebano”, un piccolo gioiello pieno di commozione e di intensità emotiva “Altri mondi” e “I 100 passi”, titolo ripreso dall’omonimo film di Marco Tullio Giordana e ispirato da Peppino Impastato (1948-1978), giornalista, attivista e poeta che ha dedicato la sua vita alla lotta contro la mafia pur essendo destinato a diventare mafioso lui stesso per le sue origini famigliari.

Dall’album “Dopo il lungo inverno” del 2006 (primo album dopo la separazione dal cantante solista Stefano “Cisco” Bellotti e l’inserimento nella band di Davide “Dudu” Morandi attuale cantante del gruppo) sono tratte “Oltre la guerra e la paura” dai toni arabeggianti e dal testo denso di significati e “Mia dolce rivoluzionaria” in pieno stile combat-folk. “Libera terra” fa parte dell’album “Onda libera” del 2009, forse il lavoro meno riuscito del gruppo. Si passa poi a “Sul tetto del mondo” del 2011 dove con il brano “Il posto dell’airone” i MCR rendono omaggio alla storica sala di registrazione dell’Esagono di Rubiera (RE) che ha chiuso i battenti in quegli anni. Il pezzo conclusivo del concerto “Specchio dei miei sogni”è un’incursione sul terreno sempre insidioso della storia d’amore. Circa due ore di salti, balli e canti per un pubblico molto partecipe. Visto il grande successo, i Modena City Ramblers replicheranno venerdì 28 dicembre.

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