L’evento, voluto dalla sezione U.n.i.r.r. di Torino, intende documentare la campagna di scavo realizzata a Kirov, località della Federazione Russa situata a un migliaio di chilometri ad est di Mosca, nei mesi di giugno e agosto 2017 ad opera di tre squadre di volontari italiani, che hanno agito di concerto con le autorità locali e con l’Organizzazione Pubblica Volontaria Giovanile Ricognitori di Kirov “DOLG”, quest’ultima autorizzata da regolare mandato dei “Memoriali Militari”, l’ente russo preposto alle onoranze dei caduti.
Le fosse di Kirov s’inseriscono nel novero delle numerose fosse comuni disseminate sul territorio russo, specialmente lungo i percorsi ferroviari, che vennero realizzate dai Sovietici durante la Seconda Guerra Mondiale, nel contesto dell’aggressione portata alla Russia da parte degli eserciti di Germania, Italia e Paesi alleati, per accogliere le salme dei soldati nemici, presi prigionieri sin dai primi mesi del 1943, a seguito dell’avanzata russa verso il fronte del Don e Stalingrado e del conseguente ordine di ripiegamento impartito dai comandi tedeschi che indusse alla ritirata l’Armir, l’armata italiana in Russia costituita nel luglio 1942.
I soldati catturati, diretti ai campi di prigionia distribuiti nello sconfinato territorio russo, venivano sottoposti alle famigerate marce forzate, dette “marce del davai” (in russo “avanti”), durante le quali era vietato fermarsi sotto pena d’essere finiti con un colpo di fucile alla testa, e in seguito, una volta raggiunto il nodo ferroviario più vicino, caricati sui treni. Il viaggio proseguiva in condizioni non meno atroci: i corpi dei soldati che soccombevano, vinti dal freddo, dalla denutrizione, dalle malattie, dalle ferite, venivano radunati negli ultimi vagoni del convoglio, per poi essere inumati nelle fosse comuni realizzate dai Sovietici in prossimità di snodi o centri abitati, come nel caso di Kirov.
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