“Enigmi dipinti”, grottesche in mostra al castello di Vinovo

Sino a domenica 14 maggio il comune di Vinovo dedica alle grottesche una mostra nel cinquecentesco castello Della Rovere, intitolata “Enigmi dipinti. Dalla Domus Aurea di Roma al Castello di Vinovo”.

Deforme, innaturale, assurdo: è questo il significato attribuito al termine “grottesco”. Anche certi ritratti caricaturali sono definiti come grotteschi. Nella storia dell’arte, invece, le grottesche sono tutt’altro che opere deformi: sono grandi pitture decorative di soffitti e pareti, a cui si dedicarono maestri come Raffaello, Pinturicchio, Gaudenzio Ferrari, Filippino Lippi, ispirandosi al Quarto Stile della pittura romana antica e, in particolare, al repertorio decorativo della Domus Aurea di Nerone, distrutta dopo la morte dell’imperatore e riscoperta fortuitamente nel 1480 a Roma nelle cosiddette grotte del colle Esquilino, che in realtà erano vani sotterranei dell’immensa reggia (il termine “grottesche” derivava appunto da “immagini delle grotte”, ammirate dagli artisti che s’erano calati in questi ambienti sotterranei).

L’universo delle grottesche è popolato da figurazioni fantastiche, ibride, chimeriche, esseri inauditi e improbabili, metà umani e metà animali, terrestri o acquatici. Vi si trovano anche insetti e piante, a volte affascinanti nella loro mostruosità, altre volte decisamente spaventosi. La cifra delle grottesche risiede proprio nelle deformità imbarazzanti di corpi sospesi tra cielo e terra, come in cerca di un’armonia perduta, ma ancor più nei volti beffardi, minacciosi o trasognati, che simbolizzano l’estrema varietà dei sentimenti umani.

Piatto da parata con decoro a grottesche, Manifattura Torelli 1880 ca.

La mostra si apre con il passaggio attraverso un corridoio alle cui pareti sono esposte alcune inquietanti e stupefacenti incisioni create agli inizi del Cinquecento da un grande artista tedesco, Heinrich Aldegrever, stampate in gigantografia su materiale specchiante.

L’esposizione vera e propria comincia nel Salone d’Onore con un omaggio a Raffaello. Incisioni di Giovanni Volpato provenienti dalle Logge vaticane sono affiancate a pregiate maioliche decorate “alla raffaellesca”, provenienti da Faenza, Casteldurante, Deruta e dalla collezione di Raffaello Pernici di Rosignano Marittimo. Tre archi scenografici supportano grandi “candelabre a grottesca” tratte da disegni spesso minuscoli, ideati per abbellire stanze e cortili di palazzi signorili e castelli, come i fregi in terracotta che ornano il cortile interno del castello di Vinovo e le pitture del Salone d’Onore.

Vaso globulare con decoro a grottesche, Manifattura Ginori 1860 ca.

Per rendere l’idea della varietà di temi affrontati dagli artisti che in tutta Europa si impegnarono nella realizzazione delle grottesche, alle pareti sono esposte incisioni originali dei secoli XVI-XVIII, riproduzioni di arazzi e di disegni conservati in collezioni museali. Al centro della sala, due tavoli ospitano fedeli ristampe di libri antichi, con disegni di grottesche che il pubblico può sfogliare liberamente, come se avesse tra le mani l’originale.

Il gioco immersivo prosegue nella Sala degli Stucchi dove, nella semioscurità, soffitto e pareti si animano, facendo interagire i personaggi tratti da grandi cicli decorativi rinascimentali, mentre nella Sala della Torre è ospitato un prezioso tessuto in seta lavorato a mano con la tecnica del “soprariccio”, con grottesche del Settecento, prestato dal laboratorio veneziano di Luigi Bevilacqua. Nella stessa sala è proiettato un videomapping che esalta la bellezza e l’inventiva dei gioielli “mostruosi” ideati agli inizi del Seicento dai fiamminghi Jan e Adriaen Collaert. Le videoinstallazioni sono un ulteriore “gioco” perfettamente in sintonia con ciò che i committenti e gli artisti volevano creare per coinvolgere emotivamente i visitatori e proiettarli in un mondo di simboli di libera interpretazione.


Paolo Barosso

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