Itinerari del mistero

Varisella, il Castlass fantasma di Baratonia e le sue gallerie segrete

VARISELLA. Quello che un tempo era soprannominato il Castlass, oggi si può solo immaginare, osservando le poche pietre rimaste e probabilmente, già all’epoca dell’ombroso nomignolo, non era al meglio della forma! Ed è incredibile pensare che in epoca medievale tutta la zona, a partire dalla val Ceronda alle valli di Lanzo, fosse costeggiata da fastose fortezze, che servivano a proteggere i territori e ad affermare il potere delle famiglie che li possedevano. Non tutto però era rose e fiori, proprio in quegli anni si era arrivati alla conclusione della crescita economica e demografica iniziata nell’XI secolo e in un effetto domino sorprendente si erano viste, a partire dal 1315, epidemie di peste, carestie, un peggioramento del clima, durante il quale si susseguirono ben tre anni di piogge intense. Come se non bastasse, imperversava la guerra dei Cento anni, le signorie locali lottavano tra loro per la supremazia e dalle campagne canavesane arrivavano infauste notizie sul tuchinaggio, la rivolta dei contadini che cercavano di migliorare le loro infime condizioni.

L’area in cui sorge il Castlass

Le prime notizie del castello, situato in realtà a poca distanza dalla frazione Baratonia di Varisella, che oggi non esiste più, risalgono al 1090, ma la costruzione, che a breve avrebbe perso le sue caratteristiche di difesa per diventare dimora nobiliare, era già presente e sarebbe passata di mano in mano nella famiglia dei visconti di Baratonia. Prima ancora il castello era appartenuto ad Adelaide, donna dal carattere certamente dominante, e alla sua morte era stato conteso tra i feudatari di re Arduino.  L’edificio non sarebbe passato indenne neppure alla faida tra Giacomo d’Acaja e Amedeo VI di Savoia, subendo una parziale distruzione, dopo un assedio piuttosto lungo che aveva causato non pochi problemi agli abitanti di quei luoghi. Nel 1438, a seguito del matrimonio tra Eleonora, ultima discendente della famiglia e Guglielmo d’Arcour, il castello venne abbandonato (perché probabilmente non più confacente al prestigio famigliare) e venne scelta come nuova dimora il castello di Fiano. Pare però che già in quegli anni il castello fosse abitato saltuariamente.

Si potrebbe forse dire che il Castlass non abbia avuto molta fortuna, tra incuria, distruzioni e abbandoni, anche se il suo territorio era molto vasto, se consideriamo che il viscontado di Baratonia arrivava fino a Druento, controllando le terre di Varisella, La Torre, Valle, Brione, Monasterolo, Cafasse, Fiano, Robassomero e San Gillio. Una nuova distruzione era stata perpetrata dalle mani dei francesi, che nel 1556 si affaccendarono a radere al suolo i castelli della zona, compresa Lanzo, punto nevralgico per le incursioni (e le fughe) in val di Susa.

Quel che resta oggi del Castlass

Eppure, il Castlass era stato un castello notevole, come riporta il sito mondimedievali.net: “La costruzione in origine era disposta almeno su tre piani, oggi ne restano solamente alcuni monconi di muro. […] gli abitanti superstiti avevano ricostruito il villaggio sulla collina adiacente, più in alto e al sicuro dai briganti. Con il passare del tempo la torre e i ruderi diventarono abitazione di contadini, probabilmente una porcilaia ed infine tutti disertarono l’edificio, oggi avvolto dalla boscaglia. Il luogo, verso il tramonto, ha fama di essere popolato da fantasmi. Resta delle antiche vestigia soltanto la cappella di S. Biagio (un tempo parrocchiale) cui nel 1904 fu rovesciato l’ingresso, che prima guardava verso il castello. Dell’antica città, più nulla resta”. Una curiosità interessante è che Baratonia aveva il primato di essere il più piccolo comune d’Italia.

C’è però chi ha voluto mantenere viva la storia di questo luogo, si tratta di Giancarlo Chiarle, noto studioso del periodo medievale che ha scritto numerosi testi sulla storia locale, e sua moglie Teodora Teglia, curatori della mostra permanente allestita nel comune di Varisella, Antiquarium, dove sono esposti alcuni reperti medievali ritrovati sul sito, e dove si può ripercorrere la storia del castello e dei suoi abitanti, raccontata con la passione di chi ha lavorato a lungo per portare alla luce gli eventi dimenticati.

Alcuni documenti attestano il passaggio della proprietà del castello ai visconti di Baratonia

In una mattinata un po’ nebbiosa, nel freddo pungente dovuto a una momentanea défaillance della caldaia, i due ricercatori, che negli anni ’70 hanno indagato il sito con il Gruppo Archeologico valli di Lanzo, oggi non più attivo, e la Soprintendenza, ci hanno accolti nel museo che ospita ceramiche, fibule, terrecotte, punte di freccia e ferri di cavallo che attestano la vita quotidiana e i metodi di lavorazione delle varie epoche. Ci sarebbe forse ancora molto da scoprire, perché l’unica area indagata del Castlass è quella del dongione, solo una parte quindi dell’intera superficie, stimata in 900 mq. Poco più sotto la cappella di san Biagio, anch’essa un po’ dimenticata, era citata per i superbi affreschi, che erano stati notati durante visite pastorali del XVII e XVIII secolo, ma, ahimé, nel 1904 il parroco di allora decise di prolungare la costruzione e invertire l’abside, distruggendo così gli affreschi probabilmente ricoperti. Rimasero solo alcuni frammenti, una Madonna in trono con bambino e sant’Antonio Abate tentato da un diavolo, attribuiti al “maestro della Rubbianetta” e conservati oggi nella Chiesa Parrocchiale di san Nicola, a Varisella.

E per finire con una notizia davvero interessante, è quasi certo che i vari castelli della zona, sottoposti a invasioni di ogni tipo e in particolare quelle saracene, per le quali erano stati costruiti, erano collegati tra loro da gallerie segrete, che solo i proprietari e i loro servitori più stretti conoscevano. D’altro canto, questa, oltre ad essere una leggenda che accompagna molte costruzioni medievali, era anche una buona possibilità di fuga, da non sottovalutare.

Alcuni reperti rinvenuti là dove un tempo sorgeva il castello di Baratonia

Con la primavera alle porte, consigliamo quindi una bella passeggiata ai ruderi del castello, non rimane molto, ma i dintorni sono suggestivi e si può immaginare come il Castlass doveva essere in quegli anni, quando cavalieri e dame vi soggiornavano, o quando le truppe francesi erano accampate nei boschi, spaventando a morte i contadini e rischiando di finire in una delle molte zone paludose rinomate all’epoca per la loro pericolosità.


Testo di riferimento: Giancarlo Chiarle, Società storica delle valli di Lanzo, L’alba del popolo, Baratonia e le Valli di Lanzo nella crisi del Trecento.

Testo di Katia Bernacci
Foto di Marino Olivieri

Katia Bernacci

Katia Bernacci, giornalista pubblicista, saggista e ricercatrice indipendente, è attualmente direttrice editoriale della casa editrice Yume. Da anni si occupa di divulgazione in ambito culturale.

Articoli correlati

Pulsante per tornare all'inizio