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Vittorio Emanuele II e la regina Vittoria: storia di un incontro londinese

Il Savoia fu ospite in Inghilterra tra la fine di novembre e i primi giorni di dicembre del 1855. Sul suo diario personale, la sovrana inglese tracciò un ritratto a china del re di Sardegna e annotò alcune curiose impressioni sull’aspetto e sul carattere del futuro re d’Italia

TORINO. Il 2020 è l’anno in cui si commemora il secondo centenario dalla nascita di Vittorio Emanuele II, il “re galantuomo”, considerato uno dei “padri della Patria”. Di lui, le agiografie ci hanno lasciato ritratti spesso stereotipati, consolidando l’immagine di un sovrano guerriero, coraggioso e pronto all’azione, ma che nel contesto privato e famigliare, si rivelava, oltre che amante appassionato, anche marito premuroso ed un padre tenerissimo.

Ma c’è un ritratto, eseguito sia con le parole che con i tratti della penna, decisamente poco convenzionale, eppure – probabilmente – assai più fedele alla realtà di molte altre rappresentazioni della figura di questo sovrano (pervenuteci attraverso l’arte figurativa, o sviluppate nei trattati di storia): è il ritratto realizzato dalla regina Vittoria.

Il profilo, psicologico, grafico, e fisiognomico, fu tracciato durante la visita di Vittorio Emanuele II, appena trentacinquenne, alla corte di Londra, tra il 30 novembre e il 6 dicembre 1855, ed è conservato negli Archivi di Stato dei Windsor. Era l’epoca della Guerra di Crimea, un conflitto che – come spesso succede – si era rivelato ben più ostico e intricato di quanto fosse stato prospettato. Gli schieramenti in campo vedevano, da un lato, la Francia di Napoleone III, il piccolo Stato Sabaudo, e l’Inghilterra, a sostegno dell’Impero Ottomano; dall’altro, la Grande Russia dello zar, che l’Impero Ottomano aveva aggredito. Il Piemonte sosteneva una politica di appoggio della coalizione occidentale, anche se il popolo piemontese si opponeva all’intervento bellico, ed era più favorevole ad una posizione neutrale: non a caso, proprio in quei giorni era esplosa “la rabia dle fije për la partensa dij soldà”. Ma la guerra poteva anche essere un’occasione per consolidare una preziosa alleanza con la Francia, che avrebbe potuto essere determinante in una prossima nuova guerra d’Indipendenza contro l’Austria, guerra che era nell’aria, ed occasione di riscatto dopo l’insuccesso del conflitto del ’49. E questo, quel genio della politica e della diplomazia di Cavour, lo aveva certamente intuito.

Ma veniamo al diario della regina Vittoria: “Il re di Sardegna ha un modo di esprimersi rapido e brusco. Indossa un’uniforme azzurra, di cui la giubba, piuttosto corta, ricorda quella degli Ussari, ed è guarnita di pelliccia”.

Poi passa a tracciarne l’aspetto fisico, non senza una punta di ironia, ma che tradisce, nella descrizione, una malcelata punta di ammirazione per il fascino del re piemontese: “Il re ha uno strano aspetto, non è molto alto, ma di corporatura massiccia; ha due occhi azzurri sporgenti, che fa roteare in modo particolare quando si imbarazza, si compiace o è colpito da qualcosa di particolare. È un uomo rozzo. Spesso è sfrenato nelle passioni, soprattutto con le donne. Balla come un orso, parla in modo sconveniente: ma, se entrasse il drago, sono sicura che tutti fuggirebbero, tranne lui. Sguainerebbe la spada e mi difenderebbe. È un cavaliere medievale, un soldato, questo Savoia!”. E ancora: “Quando lo si conosce bene, non si può fare a meno di amarlo. Egli è così franco, aperto, retto, giusto, liberale e tollerante e ha molto buon senso profondo. Non manca mai alla sua parola e si può fare assegnamento su di lui”.

Vittorio Emanuele II, fiero del passato millenario della dinastia cui apparteneva, in effetti, sapeva mantenere un aspetto regale, ma al tempo stesso bonario, insolito e anticonformista per un sovrano, ed anche questo era un fattore che lo faceva considerare un uomo interessante, affascinante e non comune.

Il re è stato raffigurato in decine di monumenti, in posizione austera, marziale, ma non mancano ritratti o statue che ne svelano il suo animo umano, come nel monumento conservato nei giardini di Villa della Tesoriera, denominato “Cuore di re”, in cui il primo re d’Italia è raffigurato in un gesto di paterna tenerezza: a questa scultura, Piemonte Top News aveva dedicato un apposito articolo.

Vittorio Emanuele II venne ritratto, oltre che in moltissimi dipinti in veste ufficiale di sovrano, anche in molte fotografie che lo coglievano in svariati momenti della sua vita privata (la fotografia cominciò ad affermarsi proprio nella seconda metà dell’Ottocento): in abiti borghesi o in tenuta da caccia, con il suo fedele cane nero Milord al fianco, o in groppa al suo cavallo arabo Sharif. I famosi fratelli Alinari di Firenze gli scattarono molte fotografie in compagnia della sua sposa morganatica, Rosa Vercellana (a tutti nota come la Bela Rosin): gli scatti li ritraggono come un’anonima e normalissima coppia borghese dell’epoca.

Il monumento conservato nei giardini di Villa della Tesoriera, denominato “Cuore di re”

Ma forse, il ritratto del re Galantuomo che ci ha lasciato la regina Vittoria nel 1855, tra tutti, resta davvero il più insolito ed originale.Quando morì, il 9 Gennaio 1878, Vittorio Emanuele II non aveva ancora compiuto 58 anni. La regina Vittoria, il giorno della scomparsa del re d’Italia, ebbe a scrivere: “Sono molto colpita; e per di più questa notizia mi giunge nel giorno di un triste anniversario, quello della morte dell’altro mio fedele alleato nella Guerra di Crimea!”. Si riferiva all’imperatore Napoleone III, anch’esso scomparso il 9 gennaio di cinque anni prima, nel 1873.

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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