Un gene provoca il rigetto da trapianto: la scoperta è torinese

TORINO. Una ricerca sui trapianti di rene delle Università di New York e di Torino, assieme alla Città della Salute di Torino, ha permesso di scoprire un gene (LIMS1) che provoca il rigetto nei trapianti di organo. Lo studio è stato appena pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica mondiale New England Journal of Medicine.

Nel caso dei trapianti è noto da tempo che le caratteristiche genetiche dei tessuti (o caratteristiche HLA) svolgono il ruolo più importante, un po’ come i gruppi sanguigni nel caso delle trasfusioni. Sappiamo però che anche nelle condizioni più favorevoli, vale a dire di completa compatibilità HLA, una certa quota di trapianti comunque viene rigettato a causa di incompatibilità per altre caratteristiche genetiche rilevanti per i trapianti.

In caso di trapianto di rene che provenga da un donatore con la variante che esprime la proteina LIMS1, i riceventi che geneticamente non la producono possono riconoscerla come estranea ed indirizzare contro di essa una risposta immunitaria di rigetto dell’intero trapianto. Si è infatti dimostrato che i riceventi negativi per la proteina sviluppano – quando trapiantati con reni positivi – anticorpi anti-LIMS1.

Il professor Antonio Amoroso

Lo studio appena pubblicato ha permesso di fare un ulteriore passo avanti, identificando un gene che contribuisce in maniera significativa a peggiorare la riuscita del trapianto. Sono state analizzate più di 2700 coppie donatore-ricevente di trapianto renale, quasi 800 delle quali di Torino. Tra gli autori della ricerca ci sono anche il professor Antonio Amoroso, responsabile del gruppo di ricerca di Genetica dei Trapianti dell’Università di Torino e la professoressa Silvia Deaglio che ci spiegano come sia due le cose più importanti emerse. La prima è quella di utilizzare queste informazioni genetiche per trovare le combinazioni più compatibili quando si selezionano i riceventi da trapiantare. La seconda è quella di utilizzare le analisi di laboratorio per intercettare la presenza di anticorpi contro la proteina LIMS1. “Potremmo dunque utilizzarle per monitorare i trapianti ed accorgerci se compaiano questi anticorpi dopo trapianto, caso mai prima dei segni clinici di rigetto, in un momento più precoce che renda più efficace la terapia anti-rigetto”, puntualizza la professoressa Deaglio.

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