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Copete monregalesi, delicatezze per il palato di origini medievali

MONDOVI’. C’è una dolcezza monregalese che ha origini lontane. Una tradizione che si tramanda da madre in figlia e da generazione in generazione. Sarà il candore delle cialde rotonde sovrapposte a far da friabile involucro al delizioso ripieno, che quasi deborda con il suo manto dorato e caramellato, sarà la semplicità della ricetta con cui si possono realizzare, sta di fatto che le copete (parola piemontese da pronunciarsi “cupete”, con la u) continuano, ancor oggi, a tentare i palati di ogni età.

Le copete sono una specialità di Mondovì, ma sono diffuse in tutto il Monregalese: pare che le loro origini siano antichissime: erano già conosciute in epoca medievale. Era abitudine produrle in casa, soprattutto nel periodo natalizio. Non si trovano facilmente nelle pasticcerie: sono dolci prevalentemente fatti in casa, e che – tra l’altro – si possono realizzare anche in fretta. Ma se vi capita di vederle occhieggiare in qualche vassoio nella vetrina di un locale storico di Mondovì, non lasciatevele scappare. Perdereste un’opportunità di gustare un dolce sublime.

Ingredienti. Un chilo di noci sgusciate oppure un chilo di nocciole sgusciate; un chilo di miele di acacia, 120 ostie rotonde di 9 cm di diametro

La ricetta. Dopo averle sgusciate, pestate le noci (o le nocciole) con un mattarello da cucina, senza sbriciolarle troppo, o se preferite, lasciate intere. Mettete sul fuoco il miele in un pentolino, portandolo ad ebollizione. Quando il miele, perdendo acqua per evaporazione, avrà assunto il tipico colore ambrato del caramello, aggiungete le noci (o le nocciole), mestando con un cucchiaio di legno, mantenendo caldo il composto a fuoco lento. Dopo alcuni minuti, l’impasto comincerà ad addensarsi. A questo punto, spegnete il gas e, con un cucchiaino, cominciate a spalmare il preparato tra due ostie, meglio se con la superficie non liscia, (ce ne sono, ad esempio, che hanno stampigliate delle piccole losanghe), perché le irregolarità della superficie delle cialde trattengono meglio il contenuto, e aumentano l’adesione all’impasto, evitando che fuoriesca dai bordi.

Fate delle pile di 8-10 copete. Pressate le pile con il palmo della mano, in modo che le copete si assottiglino, avendo cura di non far uscire l’impasto. Poi sovrapponete un peso  ad ogni pila, e lasciatele raffreddare.

Anche nel Tortonese si realizzano le copete, dette anche coppette di Sant’Antonio perché costituivano il dolce tradizionale della festività di Sant’Antonio Abate, celebrata il 17 gennaio: anche in questo caso, i gherigli di noce, interi, vengono scaldati nel miele e racchiusi tra due ostie.Con nomi diversi, e con varianti regionali negli ingredienti, le copete sono prodotte anche in altre località italiane. La versione lombarda è il copètt. Tipica della Toscana è invece la copata, realizzata con miele, noci e semi di anice (oppure pistacchio o cioccolato fondente in scaglie). In Sicilia, la cubbaita è molto simile alla copeta piemontese, dove la mandorla tostata si sostituisce alla nocciola, aromatizzata da vaniglia e un pizzico di cannella.

Insomma, paese che vai… copeta che trovi, anche se le copete di Mondovì restano impareggiabili: provatele, e poi ci farete sapere.

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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