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Torino dopo la Liberazione: per mesi mancarono cibo, gas e corrente elettrica

TORINO. Nella notte fra il 25 e il 26 aprile di 75 anni fa aveva inizio la liberazione di Torino, destinata a concludersi nel giro di pochi giorni. Ma se il sollievo fu grande (e altrettanto grandi furono le manifestazioni di giubilo che accolsero prima i partigiani e poi gli alleati), per i torinesi ben poco cambiò rispetto agli ultimi mesi.

In effetti per molti aspetti la guerra continuava oltre la sua conclusione. I bombardamenti avevano acuito in particolar modo il problema abitativo, riducendo allo stato di senzatetto, sinistrati o sfollati un numero elevato di abitanti dei quartieri più colpiti, talvolta di modeste se non misere condizioni economiche. Il 30 di aprile cessava l’oscuramento, ma pochi ebbero occasione di accorgersene, perché la città rimaneva ostinatamente al buio come prima. E quando sarebbe finalmente tornata, sarebbe stata erogata con il contagocce, arrivando nelle case solo di sera, a crepuscolo inoltrato. Circolare di sera, o di notte, non era più proibito, ma era scoraggiato. Chi si fosse avventurato a farlo doveva fare attenzione a non incappare in una pattuglia di perlustrazione.

I problemi sono particolarmente acuti in campo alimentare, in modo particolare per i segmenti sociali più deboli (poveri, anziani, disoccupati, inadatti al lavoro) e quindi incapaci, per mancanza di mezzi finanziari, di procacciarsi i generi alimentari al mercato nero. Mancano il pane e il latte, così come scarseggia la stessa acqua potabile. Una situazione destinata a sfociare in una serie di manifestazioni che il 10 giugno avrebbero fatto temere un assalto ai forni. Per fortuna, a placare la fame dei torinesi erano rimaste in vita le Mense di guerra che, ribattezzate Mense del popolo, offrivano ai torinesi la possibilità di mangiare a 45 lire per pasto. Un altro aiuto importante arrivava dalla minestra che la Fiat erogava non soltanto ai propri dipendenti, ma a tutti coloro che si presentavano ai cancelli degli stabilimenti, supplendo alla mancanza di interventi da parte di istituzioni pubbliche. Anche per tutto il 1946 la Casa automobilistica torinese continuerà a distribuire le minestre per fronteggiare l’emergenza.

La preparazione delle “minestre Fiat” (Archivio storico Fiat, Torino)

Come ricorda lo storico Pier Luigi Bassignana: “La situazione dei torinesi sarebbe stata da incubo, se per fortuna non si fossero registrati anche segnali positivi che lasciavano ben sperare. Il 18 maggio, ad esempio, veniva ripristinato il servizio postale fra Torino e il resto del Paese, interrotto dal’8 settembre 1943Venivano anche ripristinati i collegamenti con Milano, Casale Monferrato e Alba, mentre quelli per  Chieri, Bussoleno e Villanova d’Asti erano partiti da una Porta Nuova che recava ancora evidenti i segni dei bombardamenti fin dal 4 maggio. Per raggiungere destinazioni più lontane ci sarebbe occorso più tempo. In particolare il primo treno per Roma sarebbe partito soltanto il 25 agosto e avrebbe impiegato 32 ore per giungere a destinazione”.

Piero Abrate

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