Luoghi da scoprire

Tra gli ulivi liguri, un sito archeologico medievale di grande interesse storico-culturale

La visita ai cantieri di Borgo Castello, ad Andora (Sv), il più antico insediamento della ridente cittadina ligure: qui si sta alacremente lavorando per dare nuova vita a un sito archeologico di portata internazionale

Andora (Sv). È possibile far rinascere un antico borgo medievale? E respirare le atmosfere di un epoca lontana, in modo reale, ma anche virtuale (con l’aiuto della più moderna tecnologia) e ripercorrere così i viottoli del borgo, tra popolani che indossano antichi, spartani costumi, e nobili in vesti eleganti, con il loro seguito di paggi e di damigelle?

La risposta è sì, se a guidarci in questo viaggio nella storia è Maria Teresa Nasi, assessore alla Cultura del Comune di Andora, insieme a Monica Napoletano, addetta stampa dell’amministrazione locale.

Un intrigante tour dell’antico Borgo del Castello, che domina la città di Andora, sul braccio sinistro della Valle del Merula, si è svolto nel pomeriggio di Venerdì 7 Aprile 2023: un folto numero di partecipanti si è dato appuntamento alla Casa del Priore, che un tempo era un convento, ed oggi ospita un ristorante di gran classe. Ma non si è trattato solo di un avvincente e emozionante giro turistico, in parte svolto sui ciottoli consunti dell’antica Via Romana Julia Augusta, tra le case secolari e gli ulivi, i ruderi e le vestigia di un antico borgo arroccato su una colla ridente, con tanto di castello (‘paraxo’), una svettante torre e due edifici religiosi, la chiesa di San Nicolò e quella romanica, dei Santi Giacomo e Giovanni, protettori di Andora, una tra le più belle, eleganti e ben conservate della Riviera. 

La vera scoperta è che su questo colle è stato aperto un cantiere del tutto speciale, sotto la tutela della Sovrintendenza delle Belle Arti di Savona, con il benestare e la Supervisione del Ministero della Cultura e della Regione Liguria: cantiere al quale, oggi, in via eccezionale, a noi che facciamo parte del gruppo di privilegiati visitatori, è stato concesso di accedere.

In questo luogo si respira il profumo della storia romana e medievale, che si confonde con gli effluvi dei pini marittimi, di olivi secolari, di lecci e piante aromatiche mediterranee. Il borgo, che ha sicuramente origini romane, è stato fino al 1252 un feudo della nobile famiglia ligure dei Clavesana; poi venne ceduto alla Repubblica di Genova, che ne fece un’enclave con i privilegi, per i suoi abitanti, tipici di un borgo franco. Nel suo massimo splendore, venne definito il “borgo dei duecento fuochi”, ovvero dei duecento focolari: tante erano le famiglie che vivevano nelle case arroccate attorno al castello. Quindi centinaia di abitanti, addetti all’agricoltura, all’allevamento, alla cultura della vite e degli olivi; ma anche artigiani, maniscalchi, carrettieri… Insomma un brulicare di attività che animava l’antico Borgo del Castello ogni giorno dell’anno: centinaia di persone di ogni età, che nelle giornate di festa – abbandonati per qualche ora gli attrezzi e i ferri dei loro mestieri – gremivano la chiesa per celebrare insieme le funzioni religiose.

I resti di alcune abitazioni medievali dell’antico Borgo del Castello di Andora, dissepolti dalle macerie e dalla vegetazione selvaggia

Tutto ciò potrà rivivere nella realtà, e – dunque – non solo con la fantasia. Sono stati infatti stanziati 20 milioni di euro, attinti dai fondi del PNNR per realizzare un progetto (ecco spiegato l’arcano del cantiere, aperto da pochi giorni) che mira a rigenerare, recuperare e ripopolare il Borgo Castello di Andora. Qui già esiste un parco archeologico interessante, ma sarà ulteriormente ampliato, liberando le antiche vestigia dalla vegetazione spontanea che nei secoli le ha fagocitate e sepolte. Si tratta di ruderi molto interessanti, ma anche di edifici tuttora adibiti a civile abitazione, già quasi tutti di proprietà del Comune, che saranno resi funzionali alle pubbliche finalità del progetto di ricostruzione e rinascita del borgo. Anche la Chiesa romanica dei Santi Giacomo e Filippo è di proprietà del Comune. Resta invece di proprietà della Curia la più piccola e ancor più antica Chiesa di San Nicolò, per la quale l’amministrazione religiosa, tuttavia, ha già concesso l’autorizzazione per gli imminenti lavori di recupero e restauro.

Questo luogo è dunque destinato, a medio-breve termine (entro il 2026) a diventare un’oasi storico-artistico-architettonico-culturale, dove la cultura farà da fulcro e magnete ad altre attività economiche, artigianali e didattiche di contorno, oltre che di accoglienza turistica.

Ci racconta la dottoressa Napoletano che sul lato a Oriente del Borgo, quello che fronteggia Colla Micheri (un’altra perla dell’entroterra andorese) potrebbe sorgere una locanda. Ma non mancheranno attività agricole ed enologiche (Parco Agricolo Esperienziale) previo il recupero di alcuni terreni circostanti, ora abbandonati o assorbiti nel tempo dalla  macchia mediterranea. Sicuramente sarà rivitalizzato il cosiddetto Orto-Giardino del Muto, che potrebbe trasformarsi in un Giardino Botanico, dal momento che ancor oggi sono presenti rare varietà vegetali autoctone ed esotiche.

Ma non si tratterà solo di un Borgo-Museo, ma di un autentico borgo restituito alla vita, con la realizzazione di almeno 100 unità abitative, in parte destinate a studenti e stagisti, che assicureranno una presenza in loco costante, vivace ed attiva. Strettissimo sarà il rapporto con le realtà universitarie, soprattutto del territorio.

Del resto, fin da ora, il cantiere è diretto da due docenti dell’Ateneo genovese: il prof. Prof. Fabrizio Benente (pro-rettore dell’Università e archeologo) e la prof.ssa Silvia Pallecchi.

Così commenta il prof. Benente: “Questo è uno dei siti più peculiari. È stato abbandonato da secoli, ma il suo abbandono plurisecolare, se non altro, ha fatto sì che tutto ciò che ci resta, è rimasto cristallizzato! E diventa così possibile scoprire tutti i segreti delle murature, delle tecniche di costruzione, degli ‘elevati’, dei pavimenti dell’epoca, e così via. Qui saranno coinvolti, in momenti diversi, una quarantina di ricercatori dell’Università di Genova”.

Prezioso è stato anche il lavoro dei tecnici andoresi, che hanno saputo ricostruire la planimetria dell’antico borgo, dentro e fuori le mura: a tal fine sono stati preziosi i rilevamenti risalenti al catasto napoleonico.

Il progetto sarà anche sostenuto, oltre che dai fondi europei, anche da operatori culturali di grande spicco, che un tempo sarebbero stati definiti mecenati o filantropi: tra questi il popolare critico d’arte Vittorio Sgarbi, che nel visitare il sito archeologico, inserito in un contesto naturale unico e bucolico, qualche tempo fa, lo definì “un parco archeologico in cui crescono olivi”. È probabile che in alcune stanze recuperate nel Castello possano essere esposte preziose opere d’arte della prestigiosa Collezione Cavallini Sgarbi.

Non dobbiamo poi dimenticare l’impegno profuso dai volontari della Pro Loco di Andora, che si prodigano per promuovere questo sito, e che ogni prima domenica del mese sono a disposizione dei turisti che vogliano visitare la splendida chiesa dei Santi Giacomo e Filippo.

Chiedo alla dott.ssa Napoletano quali saranno i tempi di realizzazione di questo meraviglioso, fantastico progetto. Mi risponde: “Non c’è da perdere tempo: tutto dovrà essere ultimato entro il 2026, altrimenti si rischia di perdere i finanziamenti!”.

Ecco perché i lavori per fare rinascere il Borgo Castello hanno già preso l’abbrivio. Ora che lo sappiamo, e abbiamo preso gusto all’idea, come potremmo rinunciare a un tale stimolante progetto che farà di questo sito archeologico un’attrazione culturale unica e magnetica di valenza internazionale? Già ci immaginiamo tra le sale del “Paraxo” ad ammirare esposizioni d’arte e a vivere esperienze multimediali immersive; a percorrere un intrigante itinerario storico-archeologico tra i ruderi recuperati; a inebriarci dei profumi delle rare essenze vegetali del Giardino Botanico; a partecipare ai laboratori di cucina del Parco Agricolo esperienziale. No, non potremmo proprio rinunciare a tanta bellezza.

Sergio Donna | 7 Aprile 2023

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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