Luoghi da scoprire

Seconda tappa tra i caffè dove si è scritta la storia d’Italia

PARTE SECONDA – Ad uno ad uno i locali che ancor oggi rappresentano un vanto per la città: da quelli nati prima e dopo l’Unità d’Talia sino a quelli sorti a inizio Novecento. Immergiamoci nelle zone e negli ambienti di questi locali, creando una suggestiva visita guidata

Essenzialmente i caffè storici ottocenteschi torinesi e pure altri dei primi anni del ‘900, che ancora offrono vanto e ricordi di un passato che ha coronato la storia che contava del tempo, sono distribuiti tra piazza Carlo Felice, piazza San Carlo, piazza Castello, piazza Carignano, via Po, piazza Vittorio Veneto, piazza della Consolata, piazza Solferino e Corso Vittorio Emanuele II.

Da Piazza Carlo Felice, di fronte a Porta Nuova, percorrendo via Roma, si effettuerà un percorso omogeneo che giungerà alle altre piazze. Prima  troviamo Piazza San Carlo e subito dopo un poco spostata a destra, troviamo piazza Carignano. Percorrendo poi un breve tratto di via Accademia delle Scienze, si giunge in piazza Castello. Dopo si può imboccare e percorrere via Po ed alla fine di questa si arriva in piazza Vittorio Veneto. Piazza Solferino è leggermente discosta verso Porta Nuova seguendo Corso Vittorio Emanuele, dove si troverà anche il caffè Platti. Piazza della Consolata si può raggiungere da piazza Castello percorrendo via Garibaldi nella direzione verso piazza Statuto per poi prendere a destra verso la sua fine, via della Consolata che porta prima in piazza Savoia e poi in piazza della Consolata.

In Piazza Carlo Felice troviamo il Bar Roma già Talmone, al numero 36. All’inizio si chiamava Talmone perché era rifornito da questa storica famiglia torinese che produceva ottimo cioccolato. Fu poi chiamato Roma nel 1936 quando traslocò da via Roma dove fu fondato nel 1908, per passare nell’attuale ubicazione. Tutti gli arredi sono rimasti quelli dell’epoca.

Il Bar Roma di piazza Carlo Felice, a due passi dalla stazione di Porta Nuova

Al numero 50 si trova anche la Confetteria Avvignano, nata nel 1883, affascinante per i suoi splendidi arredi risalenti al 1926 ed effettuati con lacche e dorature in oro zecchino. I prodotti più gettonati per qualità e bontà sono i “Droneresi” (guscio di meringa ripieno di cioccolato al rhum) e i “Baci di Cherasco”, sfiziose gocce di cioccolato fondente ripiene di pezzi della tipica nocciola Gentile di Langa.

In Piazza San Carlo, il cosiddetto “salotto di Torino”, troviamo i già nominati caffè San Carlo al numero civico 156, e il Torino al numero civico 204, il Neuv Caval d’Brons al numero 51 e nello stesso isolato la  ConfetteriaStratta.

Il caffè San Carlo, fu il primo caffè d’Italia che nel 1832 adottò la luce a gas. Fu luogo di ritrovo dei patrioti risorgimentali. Fu creato nel 1847 dall’architetto Leoni, e attualmente con le sue preziose statue, i marmi e le dorature che lo abbelliscono, rendono il locale uno dei più prestigiosi della città. Nelle sue sale trascorrevano molte ore il d’Azeglio e Cavour. Fu qui che Dumas gustò per la prima volta il “bicerin” e fu sempre in questo luogo che l’ammiraglio Cagni e il Duca degli Abruzzi prepararono le basi per la storica spedizione della conquista dell’Artide con la Stella Polare. Si davano appuntamento sempre in questi locali, Benedetto Croce, De Amicis, Casorati, Gobetti, e Gramsci ebbe l’idea di fondare nel 1 maggio del 1919 il settimanale: “Ordine Nuovo”. Luigi Einaudi vi sostava dopo aver acquistato antichi libri dal vicino libraio Bourlot, mentre il “gruppo dei sei” ( artisti unitisi a Torino nel 1928 sotto l’influenza teorica di Edoardo Persico), aveva l’abitudine di ritrovarsi spesso al San Carlo.

Il Caffè San Carlo nell’omonima piazza torinese

Il caffè Torino è da sempre punto d’incontro e di passaggio dei torinesi e dei turisti. Nei suoi fregi dorati, nei suoi lampadari, nei suoi eleganti caminetti di marmo e di legno e nelle sue descrizioni enigmatiche  di stile goliardico impresse sui soffitti, sembra non essersi ancora spenta l’eco di fasti risorgimentali e Reali. Nelle solette di chiusura del bancone, vi sono due frasi che abbelliscono il soffitto: quella verso l’interno del locale, di classica e dantesca italianità letteraria : “perdete ogni speranza o voi che entrate”, e quella verso l’esterno molto meno nota: “ Non è mai tardi per andare oltre”. Frase ardimentosa, enigmatica e profonda, dettata da quel grande poeta d’inizio ‘900 che fu Gabriele D’Annnunzio. In questo luogo, al riparo di dorate specchiere, si sono ritrovati un’infinità di personaggi illustri, dai Reali di casa Savoia a Cesare Pavese, da Luigi Einaudi a De Gasperi. Ancor oggi è sede d’incontro per importanti uomini d’affari. Con grande perizia difende le sue più radicate tradizioni ed è nell’elenco dei locali storici d’Italia, oltre ad avere conseguito il diploma d’interesse turistico nazionale ed altri importanti riconoscimenti.

Il Neuv Caval d’Brons, è uno dei locali più affascinanti della città soprattutto per la sua atmosfera che intende proporre una tipica dimensione torinese. E’ stato inaugurato nel 1943 e dopo un periodo di chiusura ha riaperto i battenti nel 1988, per abbassarli nuovamente nel 2016, stroncato dalla crisi e dai costi di gestione insostenibili. Era anche ristorante e i suoi piatti spaziavano dalla cucina più tradizionale piemontese a quella nazionale ed ultimamente è stato approntato un menù specifico per vegetariani.

La Confetteria Stratta conserva ancora in sessanta metri quadri, l’antico arredamento con i mobili originali del 1836. La sua apertura all’interno del palazzo settecentesco di proprietà dell’Accademia Filarmonica, avvenne due anni prima della collocazione del noto monumento equestre a Emanuele Filiberto: il “Caval d’Brons”, nel centro della piazza.

La caffetteria – confetteria Stratta ha ancora arredamenti originali dei primi Ottocento

Dopo quattro anni dall’apertura, il titolare dell’epoca fece richiesta di poter collocare l’illuminazione a gas per sostituire i lumi ad olio. La raffinata e creativa esposizione di caramelle, cioccolatini, confetti, fondenti, gianduiotti, canditi, praline e marrons glacès, armonizzati secondo lo stile d’epoca ai legni ed ai preziosi cristalli degli scaffali e delle vetrine, si arricchiva giorno dopo giorno di nuove raffinatezze tanto che ben presto i suoi prodotti vennero conosciuti in tutto il mondo, a partire dalla casa reale dei Savoia, che la scelse come fornitrice particolare di dolci.

Aumenta la fila aristocratica e nobile nei suoi clienti, e si afferma sempre di più un pubblico di classe. L’attuale proprietà ha conservato con sapienza  la tradizione delle origini. La ristrutturazione della facciata esterna ha riportato alla luce tutto lo splendore delle decorazioni e degli arredi ottocenteschi. Ne confermano il fatto i disegni e i permessi di costruzione conservati nell’archivio storico della città.

In piazza Castello il cuore del centro, troviamo il caffè Baratti e Milano, il Bar Patria, il Mulassano, un autentico originale, minuto e grazioso salottino d’altri tempi.

Lo storico Baratti e Milano di piazza Castello

Il caffè Baratti e Milano è situato all’ingresso della Galleria Subalpina ed è una splendida confetteria fondata nel 1875, che fu meta di intellettuali e poeti del XIX secolo, che amavano intrattenersi nelle sue vaste e bellissime sale. Si distingueva per la sua classe giustamente enfatizzata dalla presenza di arredi di grande livello decorativo. Dopo aver ottenuto l’ambìto titolo di fornitori della real casa, i proprietari ampliarono e abbellirono ancora di più il locale affidando la ristrutturazione al noto architetto Giulio Casanova ed allo scultore Edoardo Rubino. Questi due artisti diedero forma ad un raro gioiello di raffinatezza post-liberty che ancor oggi possiamo ammirare.

Il Bar Patria, al numero civico 54, è l’unico ad affacciarsi con un bel “dehors” estivo dai portici verso il centro della piazza. Da sempre è un punto di riferimento per chi vuole iniziare la serata con un buon aperitivo, e deve la sua fama anche per la vicinissima posizione alla storica Pensione Europa, che ospitò personaggi illustri come Eleonora Duse e Benito Mussolini. Essendo un locale molto conosciuto è stato utilizzato per girare numerosi film ambientati in città.

Il Caffè Mulassano è in piazza Casatello

Il caffè Mulassano, sorse nei primi del ‘900 al civico numero 9, e grazie alla fortuna di esser stato risparmiato dalle bombe ella seconda guerra mondiale ancor oggi si può provare l’emozione di sedersi nella stessa saletta che un tempo accolse i nobili di casa Savoia, l’alta borghesia della città, gli artisti del  teatro Regio, attori del calibro di Erminio Macario e poeti come Guido Gozzano con le sue: “buone cose di pessimo gusto”. Il locale porta il nome di Amilcare Mulassano, in precedenza proprietario della distilleria Sacco, che era nota soprattutto per il suo profumatissimo sciroppo alla menta. Nella seconda metà dell’800 Mulassano aprì il locale in via Nizza, ma nei primi anni del ‘900 traslocò nella ben più prestigiosa cornice di piazza Castello 15. Non badò a spese per l’arredamento: legni pregiatissimi, marmi rari, dorature a profusione. L’ambiente è d’alta classe, tra una clientela che sa ben apprezzare le infinite “galuperie”, le golosità che il locale sa offrire.

Nel caffè Pepino, vicino al teatro, dove per entrare bisogna passare sotto uno dei terribili mascheroni diabolici che contornano il loggiato del palazzo, possiamo gustare un favoloso gelato, o il tradizionale zabaione, oppure un’ottima cioccolata, respirando profumi di fragranti “croissant” appena sfornati o la “patisserie mignon”, creazione di raffinati pasticcieri subalpini. Fu uno dei locali preferiti da Casa Savoia, e sorse nel 1903.

Il caffè-gelateria Pepino

Il locale più prestigioso e antico dal punto di vista della ristorazione si trova proprio in questa piazza: il Ristorante del Cambio, fondato nel 1757, è un gioiello storico della città, accoglie gli avventori tra velluti cremisi, specchi barocchi sovrastati dalle pitture del Bonelli, tra un trionfo di legni dorati. Fu definito la “succursale del parlamento subalpino” perché era sempre affollato da deputati, uomini di governo del tempo, alti burocrati. Il Ministro Camillo Benso Conte di Cavour ne era cliente fisso  e nella sala più ampia è conservato il tavolo dove egli sedeva abitualmente.

In via Po attualmente troviamo moltissimi locali, tra i quali spicca al numero civico 8, in tutta la sua prestigiosa storia fatta di racconti, di  arredi finissimi e golosità alimentari, il caffè Fiorio. Gloria subalpina, il locale era nato nel 1789, ma il successo giunse all’inizio dell’800 quando fu rilevato dai Fratelli Fiorio. Il locale fu frequentato da nomi come quelli di Giovanni Prati, Giacinto Collegno, Cesare Balbo, Perrone di San Martino, del principe Cisterna, del Santarosa, del Passalacqua. Tutti insieme, questi intellettuali fecero del Fiorio una fucina di idee, tanto che Carlo Alberto ogni mattina domandava ai propri consiglieri che cosa si dicesse in quel caffè che “faceva opinione”. Intorno alla metà del XIX secolo l’ambiente venne rinnovato dall’opera di alcuni artisti che gli donarono quell’atmosfera unica che ancor oggi affascina, con divanetti imbottiti che invitano al sommesso conversare, stucchi ingialliti e specchi che paiono moltiplicare il passato splendore.

Una delle salette del Caffè Fiorio di via Po

Subito dopo via Po, in piazza Vittorio Veneto 5 troviamo il caffè Elena, le cui due salette furono un tempo frequentate da Cesare Pavese e da Nietzsche. Propone dei tavolini graziosi sotto i portici della piazza, oltre un vasto “dehors” estivo. Attualmente è molto conosciuto per le sue specialità legate agli aperitivi.

Il Ristorante Del Cambio fu fondato nel 1757

In piazza della Consolata troviamo ‘L bicerin. E’ una piccola e calda saletta aperta nel 1763 come bottega dell’acquacedrataio e confettiere Giuseppe Dentis, trasformata in cioccolateria nella prima metà dell’800. La struttura sia interna sia esterna è rimasta come quella di allora, a parte l’aggiunta della macchina per fare il caffè espresso sul bancone. Il locale ospita otto tavolini rotondi in marmo bianco allineati sull’antico “parquet” di legno. Il banco è grande e tutt’attorno ai muri vi sono dei grandi specchi incastrati in una pregiata ed antica  struttura in legno. L’arredo esterno con la porta d’ingresso e la vetrina, è realizzato in unico blocco in ghisa con la vecchia e originale insegna in vetro dipinto. Questo caffè fu luogo di ritrovo di statisti, scrittori, filosofi, compositori. Le donne poi ne  erano particolarmente attratte, specialmente uscendo digiune dal rito della messa avvenuta nella vicina basilica della Consolata. Le specialità di questo locale sono varie, dalla cioccolata calda preparata secondo l’antica ricetta dimostrata dal fatto che il cucchiaino rimane infisso verticalmente nella pasta densa e nera della bevanda, ai quattro diversi tipi di zabaione: classico, al marsala, al limone, al vino di noci e al ratafià (liquore tipico di amarene della zona di Andorno Micca, in provincia di Vercelli). Ma il pezzo forte che da anche il nome al locale è ‘l bicerin, una bevanda composta da cioccolata, caffè e crema di latte.

Una saletta del Caffè Elena di piazza Vittorio Veneto

La cultura e l’uso nel degustare questa particolare bevanda aveva nell’800 regole ben precise. Nei caffè veniva servito sino a mezzogiorno e costava quindici centesimi. Se si chiedeva con la stissa (una goccia di cioccolato inserita sopra la panna come guarnizione), il prezzo saliva di cinque centesimi. Chi preferiva dosi robuste e chiedeva il tasson (la tazza grande), pagava venticinque centesimi. Non bastava però la bevanda per rallegrare i palati golosi, veniva sempre accompagnata da biscotti o dolcini da inzuppare in essa, come i garibaldini o i savoiardi, e quindi il prezzo finale era sempre destinato a salire. Questa bevanda  poteva avere delle varianti, perchè i tre elementi classici  venivano sempre serviti bollenti  ma separatamente. Le varianti erano tre: pur e fior, caffè e latte; pur e barba, caffè e cioccolata;  pò d’ tùt, tutti e tre gli ingredienti con dosi a scelta dell’avventore. Su tutte le varianti veniva poi aggiunta la classica stissa anch’essa variabile. Un goccio di sciroppo o di liquore a scelta come la vaniglia o l’amaretto per esempio, per personalizzare la bevanda e raffinarla, a seconda del gusto dell’avventore. Alessandro Dumas rimase così entusiasmato dal gusto e anche dal costo relativamente basso, che ne ricordò l’usanza tra: “Le belle e buone cose trovate a Torino”, offrendo alla città la prima forma di pubblicità internazionale.

‘L bicerin ha dato il nome all’omonimo locale di piazza della Consolata

In piazza Solferino si trova il caffè Norman, che si affaccia imponente sulla piazza nel congiungimento delle vie Pietro Micca e Cernaia. Creato nel 1918, è quasi in vista del centenario di fondazione. Inserito all’interno di un edificio in cui prima ci fu un albergo, (il Fiorina), e poi anche il salone in cui un gruppo di sportivi fondarono il club “Torino calcio”, il Norman è considerato uno dei più raffinati bar di Torino e nel piano superiore ultimamente si può ritrovare anche il ristorante  che non ha impiegato troppo tempo a divenire uno dei più quotati della città.

In corso Vittorio Emanuele II al numero civico 72 troviamo il caffè Platti, il locale ideale di Cesare Pavese. Fu preferito anche da Luigi Einaudi. Sorto nel 1875 come liquoreria, ha un arredamento liberty originale. E’ ancor oggi uno dei luoghi di ritrovo dell’elìte torinese. Nelle sue sale la borghesia torinese amava  trascorrere le giornate, parlare d’affari e politica, festeggiare le ricorrenze famigliari come i battesimi, le lauree e i matrimoni. D’innanzi alle sue vetrine nei capannelli prima di entrare o all’uscita, nacque la Juventus. Le sue sale furono frequentate anche da Luigi Lavazza e dal senatore Giovanni Agnelli. Ancor oggi nomi famosi lo frequentano, come Ugo Nespolo e Piero Chiambretti. Grazie ai recenti restauri conclusi nel 1999, i locali sono stati riportati all’originale splendore tardo ottocentesco, fondendo l’elegante e raffinata atmosfera sabauda creata da dettagli come i dorati stucchi e le intelaiature d’epoca, con il rinnovamento offerto dalle nuove strutture tecnologiche ed una particolare attenzione alla sicurezza, all’accessibilità ed al comfort delle sale.

Al Fiorina, poi diventato Norman, nacque la società calcistica del Torino

Chissà quanti discorsi che hanno “fatto l’unità nazionale” sono stati spesi consumando un bicerin o una bavareisa in questi storici locali della Torino ottocentesca.

(FINE)

Danilo Tacchino

Nato a Genova, da sempre vive a Torino dove si è laureato in Lettere. Sociologo e giornalista pubblicista , ha sviluppato ricerche storiche nell’ambito della musica, dell’ufologia e dell’industria locale. Sin dagli Anni Ottanta ha realizzato diversi volumi su tradizioni e misteri locali della Liguria e del Piemonte. Appassionato anche di letteratura, è direttore artistico di alcune associazioni culturali torinesi.

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