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Figli illustri del Piemonte: Giovanni Pastrone, il genio del cinema muto

ASTI. La via Aliberti ad Asti è una delle vie più famose del centro storico, una volta sede delle principali botteghe dei cestai della città. Se la si percorre, dando le spalle alla piazza San Secondo e passeggiando candidamente con la testa all’insù, si nota la targa commemorativa, che recita: “In questa casa è nato il 13 IX 1882 Giovanni Pastrone – regista – con lui il cinema diventò – arte industria spettacolo”

Giovanni Pastrone è stato uno dei padri del cinema italiano, ma la sua mente geniale e versatile ha permesso di renderlo un personaggio dalle mille sfaccettature e particolarità.

IL TALENTO MUSICALE. Pastrone mostra la sua passione per la musica fin dall’infanzia. Il violino è il suo strumento preferito, tanto da portarlo a frequentare il Conservatorio di Torino (dopo il diploma in ragioneria nel 1899 presso l’Istituto tecnico Giobert) e di conseguenza a lasciare la sua città natale, per trasferirsi nella capitale sabauda. Qui, oltre al diploma presso il Conservatorio, intraprende un’iniziale carriera nella contabilità presso la ditta Carlo Rossi & C. L’attività è fondata inizialmente sul guadagno dall’utilizzo dei brevetti telefonici, anche se in breve tempo cambia la sua vocazione commerciale, spostandola sulla produzione cinematografica.

IL GENIO CINEMATOGRAFICO. Dopo lo scioglimento della Carlo Rossi & C. a causa della mancanza di intesa tra i due soci, viene costituita una nuova azienda, la Itala Film, dove Pastrone assume il ruolo di direttore artistico. Grazie alla sua inventiva e abilità, vengono prodotti tantissimi film, tra i quali alcuni portano anche la firma di Pastrone, che con la sua voglia di innovazione e professionalità apporta una sferzata di aria fresca e novità nel settore. Vedono la luce pellicole come “La Caduta di Troia” (film di 600 metri in un’unica bobina!), anche se la produzione cinematografica, che eleva Pastrone al regno degli Dei dei registi, è il kolossal “Cabiria”: film del 1914, che Pastrone inizia a idealizzare e a plasmare dopo aver letto “Cartagine in fiamme”, un romanzo di Emilio Salgari pubblicato qualche anno prima a Torino. La trama del film ruota attorno alle avventure della fanciulla Cabiria e del gigante buono Maciste, interpretato appositamente da Bartolomeo Pagano, un ex scaricatore del porto di Genova scelto per il suo aspetto, proprio da Pastrone per interpretare questo importante personaggio.

La pellicola però fuoriesce non con la paternità di Pastrone, ma sotto il nome di Piero Fosco, nuovo pseudonimo assegnato proprio da Gabriele d’Annunzio, che collabora alacremente alla pellicola. “Cabiria” diventa uno dei capolavori del cinema muto italiano; anche i numeri testimoniano lo sforzo e la ragione del successo: Cabiria viene presentato ufficialmente il 18 aprile 1914 al Teatro Vittorio Emanuele II, ovvero l’attuale Auditorium della Rai in Via Rossini, e ha una durata di circa tre ore. L’orchestra in sala è composta da 80 musicisti e 70 coristi del Teatro Regio. La pellicola originale proiettata è lunga 4.500 metri, mentre quella girata per intero ha una lunghezza totale di 20.000 metri. Inoltre, è uno dei film più costosi del periodo, circa un milione e duecentocinquantamila lire in oro. Il film piace a tutta Italia, ma anche all’estero: si pensi che Cabiria rimane nella programmazione delle sale cinematografiche per sei mesi a Parigi, ma addirittura per un anno a New York.

Una foto di scena del kolossal Cabiria

Da quel momento in poi, Pastrone firma i suoi film come Piero Fosco e così dà origine ad opere come “Il fuoco” (1915). Nel 1919, dopo aver realizzato “Hedda Gabler”, Pastrone alias Piero Fosco decide di ritirarsi.

Pina Menichelli è la protagonista de “Il fuoco”, girato da Pastrone nel 1916

IL MEDICO AUTODIDATTA. Dopo essersi ritirato dal mondo cinematografico, l’astigiano Pastrone decide di occuparsi esclusivamente di medicina, volendo a tutti i costi trovare la cura per le malattie, che affliggono gli umani, prima fra tutti il cancro. Assume perciò due medici, che lo aiutano ad effettuare i suoi esperimenti di medicina nel suo studio di Corso Moncalieri a Torino. Pastrone concepisce la teoria che tutte le malattie sono collegate ad un ceppo comune, che diviene quindi il vero nemico da debellare. Costruisce a questo punto una specie di “macchina-guaritrice”, con cui effettua persino le visite ai suoi pazienti, che a lui si affidano.

Dopo il ritiro dal mondo cinematografico, Pastrone si occupò di medicina

Questo ultimo passaggio della vita di Pastrone è ciò che più ha incuriosito numerosi storici e intellettuali, come il regista Lorenzo De Nicola, che lo scorso dicembre 2019 ha presentato ad Asti Film Festival il documentario “Pastrone!”. Si parte dal ritrovamento di un manoscritto autobiografico di Giovanni Pastrone, da cui si arriva a riscoprire questo emblematico esponente del secolo scorso, che custodiva dentro di sé un sogno, quello di sconfiggere l’eterna lotta tra l’essere umano e la morte. Attualmente la casa natale di Giovanni Pastrone non è visitabile, perché di proprietà privata. Nel 1995 una delle sale di proiezione del Teatro Alfieri di Asti è stata inaugurata in sua memoria.

Il documentario di De Nicola aprirà anche la 19esima edizione del Glocal Film Festival, in programma dal 12 al 16 marzo al Cinema Massimo di Torino. La serata d’apertura di giovedì 12 marzo vedrà ospite al Cinema Massimo, oltre al regista torinese d’adozione, anche l’attore Fabrizio Bentivoglio, voce di Pastrone nel documentario.

Chiara Parella

Classe ’87, torinese di nascita, ma astigiana di adozione, dopo una formazione classica, si è laureata in scienze e tecnologie agroalimentari presso l’Università degli Studi di Torino. Si occupa di marketing e comunicazione e scrive per alcuni blog di settore. Amante da sempre della letteratura latina e della cultura in generale, è autrice del libro “La figlia sfuggente”, il suo esordio letterario (Letteratura Alternativa Edizioni, 2020).

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