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Santa Cristina e San Carlo: un solo campanile per due chiese gemelle

TORINO. Come le due splendide chiese gemelle barocche di Piazza del Popolo a Roma (Santa Maria in Monte Santo e Santa Maria dei Miracoli) delimitano l’ingresso di via del Corso, così le due chiese torinesi di piazza San Carlo, Santa Cristina Martire e San Carlo Borromeo, sembrano presidiare il tratto di via Roma che separa quella che fu anche chiamata Place Royale (piazza San Carlo, appunto) dalla attigua Piazza CLN. Guardando la facciata delle due chiese, ci si accorge che solo quella di destra, la Chiesa di San Carlo è dotata di campanile: in effetti, i due edifici gemelli, si spartiscono un’unica torre campanaria, la cui sagoma, vista da lontano, appare come un tutt’uno integrato nel profilo della coppia di chiese.

Il progetto dell’erezione dei due edifici di culto è datato 1618, nell’ambito del primo ampliamento urbanistico della città, voluto da Carlo Emanuele I, in direzione sud, sull’asse della cosiddetta “Via Nuova”.

La Chiesa di San Carlo

Il cantiere per edificare la Chiesa di San Carlo, venne aperto nel 1619. Fu dedicata a San Carlo Borromeo, (Arona 1538 | Milano 1584), canonizzato da papa Paolo V a soli 26 anni dalla morte. Com’è noto, il cardinal Carlo Borromeo, su invito di Emanuele Filiberto, giunse a Torino per rendere omaggio al Sacro Lino nel 1578. Il trasferimento e l’esposizione della Sindone nella città subalpina doveva essere un evento provvisorio, e invece il telo non fece mai più ritorno più a Chambéry, dal momento che Emanuele Filiberto aveva già deciso di spostare la capitale del Ducato al di qua delle Alpi.

Dedicare la chiesa a San Carlo era certo un dovuto omaggio al cardinal Borromeo, legatissimo alle vicende di casa Savoia. Ma, a ben guardare, anche il duca si chiamava Carlo, e forse c’era anche una punta di autoreferenzialità nella scelta del nome della chiesa. Senza contare che Carlo era pure il nome dell’architetto che la disegnò, Carlo di Castellamonte: un motivo in più per chiamarla così.

La chiesa (ed il campanile) furono terminati nel 1625, ma la facciata attuale, ispirata a quella della vicina Chiesa di Santa Cristina e disegnata da Ferdinando Caronesi, risale “solo” al 1834. La Chiesa di San Carlo era originariamente annessa ad un Convento dell’Ordine degli Agostiniani Scalzi, che fu smantellato durante l’occupazione napoleonica.

L’interno è costituito da una navata unica con due cappelle per ogni lato; molti i dipinti, di scuola caravaggesca. In particolare, la pala d’altare raffigura proprio San Carlo Borromeo in venerazione davanti al Sudario di Cristo. Fu realizzata nel 1655 da Giacomo Casella e Giovanni Andrea Casella. L’altare e gli stucchi sono opera dell’architetto ticinese Bernardino Quadri. Gli altari della Madonna della Pace e di San Nicola da Tolentino sono invece opera dello scultore svizzero Giovanni Battista Casella de Monora (1649).

La Chiesa di Santa Cristina

Santa Cristina è stata una martire fanciulla di cui si conosce soltanto il nome di battesimo: venne uccisa un 24 luglio di uno dei primi anni del 300 d.C., non sappiamo con precisione quale, comunque ai tempi della persecuzione dell’imperatore Diocleziano. Se il nome della Chiesa di San Carlo Borromeo è legato quello del duca Carlo Emanuele I, che ne ordinò la costruzione, e all’architetto che ne tracciò il disegno e il primordiale progetto, Carlo di Castellamonte, il nome della Chiesa di Santa Cristina è invece legato a quello di Madama Reale Cristina di Francia, consorte di Vittorio Amedeo I, madre di Carlo Emanuele II, e alla morte del marito, reggente del Ducato in nome del figlioletto. Fu lei a fondare il Monastero delle Carmelitane Scalze, annesso alla chiesa, in cui Cristina, negli ultimi anni di vita, si ritirava, chiudendosi in un apposito e spartano appartamento, per intere giornate di preghiera e per praticare gli esercizi spirituali.

I lavori di costruzione della Chiesa di Santa Cristina iniziarono nel 1639, sotto la guida di Carlo di Castellamonte, nel più ampio disegno di assestamento della Piazza Reale.  Nel 1664 vi fu sepolta, in abiti carmelitani, Madama Cristina. Sua nuora, Maria Giovanna Battista di Nemours, moglie di Carlo Emanuele II, che diventerà la seconda Madama Reale e reggerà il ducato in nome del figlio Vittorio Amedeo II, commissionò agli artisti di Corte (Garove, Bertola, Piazzoli, Dufour e Legnanino) ulteriori lavori di abbellimento sia della chiesa, sia del monastero.

Il Monastero delle Carmelitane Scalze venne soppresso da Napoleone nel 1802. Il corpo di Madama Cristina venne così trasferito nella vicina Chiesa di Santa Teresa. Con la Restaurazione, la Chiesa di Santa Cristina venne affidata ai Preti della Missione, e poi alla Pia Unione del Sacro Cuore di Maria. I resti del Monastero furono definitivamente smantellati nel 1935, con il rifacimento di Via Roma. Dell’antico Monastero, è rimasto solo il cosiddetto “Coro delle Monache”, un passaggio che collegava la chiesa al convento, e che è diventato la Cappella della Beata Maria degli Angeli. In questo convento, infatti, aveva vissuto la torinese Beata Maria degli Angeli (1661-1717), il cui ruolo morale e spirituale, durante l’assedio francese del 1706, fu di conforto, speranza e consolazione per tutti i torinesi.

La facciata attuale fu ultimata nel 1718, ad opera di Filippo Juvarra: fu commissionata da Maria Giovanna Battista, il cui nome compare inciso alla base della lunetta della facciata, che è lievemente concava, e ripartita in due ordini sovrapposti, scanditi da colonne con capitelli di ordine composito. Una grande finestra ovale campeggia nell’ordine superiore, con ai lati due statue rappresentanti la “Giustizia” e la “Carità”, opera di Giovanni Baratta. Sul cornicione che separa gli ordini, sono posizionate le copie delle statue di Santa Teresa e di Santa Cristina, opera dello scultore parigino Pierre Legros (1666-1719): gli originali furono trasportati nel Duomo nel 1804. Sono invece opera dello scultore milanese Tantardini (1829-1879) le altre statue, raffiguranti San Francesco di Sales, Sant’Agostino e San Maurizio.

In quanto all’interno, la chiesa è ad unica navata, a croce latina, con finestre a tre luci di tipo “serliano” (cioè ad archi a tutto sesto, affiancati da due aperture, sormontate da un architrave). La cappella di destra è dedicata al Sacro Cuore di Maria. Quella di sinistra è dedicata a San Giuseppe, compatrono di Torino. Tra gli affreschi parietali, a sinistra, spicca “Il voto di Superga”, opera di Edoardo Calandra: il quadro raffigura il duca Amedeo II di Savoia, accanto al cugino principe Eugenio di Savoia-Sassons, mentre è inginocchiato davanti ad un pilone con l’effigie della Vergine, sul culmine del Colle di Superga, ed esprime il voto di erigere una basilica in quel luogo, in caso di vittoria contro i Francesi assedianti.

La volta interna è di Pietro Somasso: un cornicione corre lungo tutto l’interno, delimitando il soffitto con volta a botte, ornato di pregevoli stucchi, che simulano volte a crociera, con motivi floreali e figure di angeli. Tutto da vedere.

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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