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Nati il 19 giugno: Piero Gobetti, giornalista, filosofo ed editore torinese

Saggista e autore di numerosi scritti culturali e politici pubblicati in Italia e all’estero, simbolo del liberalismo progressista sensibile al riscatto delle classi lavoratrici, la sua opera fu raccolta e pubblicata postuma: Opere critiche (1926); Paradosso dello spirito russo (1926); Risorgimento senza eroi (1926). Di chi stiamo parlando? Del torinese Piero Gobetti ovviamente, una delle menti più fervide che il primo Novecento abbia conosciuto.

Piero Gobetti nasce a Torino il 19 giugno 1901 da genitori di origine contadina, Giovanni Battista e Angela Canuto, trasferitisi da Andezeno (To) nel capoluogo poco prima della sua nascita. Piero frequenta il liceo Gioberti e, nell’ottobre del 1918, si iscrive alla facoltà torinese di Giurisprudenza. Ancora al liceo, nel novembre 1918, fonda la prima rivista Energie Nove di cui fanno parte Giuseppe Manfredini, Edmondo Rho, Edoardo Ravera. Definisce subito il fascismo “movimento plebeo e liberticida”, l’antifascismo “nobilità dello spirito”, l’Italia un Paese senza un vero Risorgimento, una Riforma protestante, una Rivoluzione liberale. Interpreta la rivoluzione di Lenin e Trotzky come rivoluzione liberale, perché è azione, movimento e tutto quello che si muove va verso il liberalismo. Apprezza i bolscevichi in quanto élite, detesta lo statalismo e il protezionismo della vecchia Italia giolittiana.

Estimatore di Antonio Gramsci e del giornale socialista e poi comunista Ordine Nuovo, Gobetti si avvicina al proletariato torinese, divenendo attivo antifascista. Nel maggio del 1919 viene bollato da Togliatti come “parassita della cultura”, ma nell’autunno del 1920 il sostegno di Gobetti all’occupazione delle fabbriche e i suoi frequenti incontri con gli operai e comunisti torinesi migliorano molto i rapporti, tanto che Gramsci gli affida la rubrica di teatro della rivista. La classe operaia, in particolare quella torinese dei consigli di fabbrica, che frequenta insieme ai socialisti di Ordine nuovo, diventa per lui la leva che innoverà il mondo: non verso il socialismo, ma verso “elementi di concorrenza”.

Come ci ricorda Pietro Polito, il 12 febbraio 1922 esce il primo numero di Rivoluzione Liberale. La nuova rivista si propone di formare “una classe politica che abbia chiara coscienza delle sue tradizioni storiche e delle esigenze sociali nascenti dalla partecipazione del popolo alla vita dello Stato” e di studiare il Risorgimento e la Storia d’Italia, l’esame delle forze politiche, dei partiti e delle questioni politiche attuali. Un tratto peculiare della rivista è l’opposizione al fascismo, di cui si occupa sin dal maggio 1922. Rivoluzione Liberale diventa via via un centro di impegno antifascista di segno liberale, collegato ad altri nuclei liberali di Milano, Firenze, Roma, Napoli, Palermo. Vi collaborano intellettuali di diversa estrazione, tra cui Amendola, Salvatorelli, Fortunato, Gramsci, Antonicelli e Sturzo. Piero Gobetti viene più volte arrestato tra il 1924 e il 1924 dalla polizia fascista e la sua rivista sequestrata. Lo stesso Mussolini si interessa di lui e telegrafa al prefetto di Torino: “Prego informarsi e vigilare per rendere nuovamente difficile vita questo insulso oppositore”.

Il 23 dicembre 1923 esce il primo numero del periodico letterario Il Baretti: testimonianza dell’interesse letterario di Gobetti. A partire dalla letteratura egli si propone di creare un nuovo strumento di coinvolgimento e di mobilitazione che ponga in primo piano la questione fondamentale della dignità e dell’indipendenza degli intellettuali. Vi collaborano Benedetto Croce, Eugenio Montale, Natalino Sapegno, Umberto Saba ed Emilio Cecchi.

Nel 1924 presso l’editore Cappelli di Bologna esce il capolavoro politico di Gobetti, La Rivoluzione Liberale, un saggio sulla lotta politica in Italia. Il 5 settembre, mentre sta uscendo di casa, è aggredito sulle scale da quattro squadristi che lo colpiscono al torace e al volto, rompendogli gli occhiali e procurandogli gravi ferite invalidanti. Costretto a espatriare in Francia, mai più riavutosi dalle ferite, muore esule a Parigi nella notte tra il 15 e il 16 febbraio 1926. Avrebbe compiuto 25 anni il 19 giugno. È sepolto nel cimitero di Père Lachaise. Dopo la sua morte, a cura di Santino Caramella, escono i due volumi storici Risorgimento senza eroi, che reca la dedica “A mio figlio Paolo” e Paradosso dello spirito russo. L’anno successivo Caramella cura Opera critica, in due volumi, con una scelta degli articoli di Piero Gobetti.

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