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La “Torre di Battiggio”, insigne testimonianza dell’Ossola medievale tra storia e mistero

Postazione di avvistamento, ricovero protetto per le derrate alimentari, presidio per la riscossione dei pedaggi o addirittura deposito per l’oro estratto dalle miniere della zona: sono queste le quattro funzioni ipotizzate dagli studiosi di storia ossolana per la misteriosa “Torre di Battiggio“, possente ed elegante architettura fortificata che si può ammirare nel territorio comunale di Vanzone con San Carlo nello splendido scenario naturale della valle Anzasca.

La Torre di Battiggio in tutta la sua possanza.

Appartenente a una tipologia architettonica diffusa nell’area ossolana, l’edificio è anche noto localmente con l’appellativo di “Torre dei Cani” (cagn nella parlata locale). Secondo la tradizione, infatti, la torre sarebbe stata abitata o utilizzata, per un certo periodo, da esponenti della famiglia Cane, legati alla figura del casalese Facino Cane (1360-1412). Questi, divenuto famoso capitano di ventura ponendosi al servizio dei marchesi del Monferrato e dei Visconti, accumulò durante la sua vita avventurosa un’enorme fortuna e fu in grado di costruirsi una vera e propria signoria territoriale nel Piemonte orientale tra l’odierna Verbania e Alessandria.

Alcuni membri della sua famiglia s’insediarono in valle Anzasca, assicurandosi il controllo delle fiorenti miniere d’oro situate sopra i paesi di San Carlo e Vanzone, soprannominate per questo motivo “miniere dei Cani“, ma a seguito di una rivolta popolare, causata dall’insofferenza verso i loro metodi di governo, vennero cacciati già nella prima metà del Quattrocento, lasciando il posto, nella titolarità dei diritti di sfruttamento dei giacimenti metalliferi della valle, ai potenti conti Borromeo.

Esiste, però, un’altra possibile spiegazione dell’appellativo di “Torre dei Cani”, che ne farebbe risalire l’origine ai De Cagna o De Cagno, stirpe di imprenditori minerari che già nel XIII secolo risultava operativa nella coltivazione dei giacimenti metalliferi della valle Anzasca, a quel tempo soggiacente alla signoria dei conti di Biandrate. Alla loro presenza si sarebbe poi sovrapposta la dominazione, seppur di breve durata, della famiglia Cane.

Dibattuta fra gli studiosi è la funzione originaria dell’edificio, eretto in pietre locali nel primo Quattrocento: forse una torre di avvistamento oppure, cogliendo elementi di somiglianza con le coeve “case-forti montane” dell’alto Canavese, un ricovero sicuro per la protezione delle derrate alimentari, ad uso di qualche signorotto locale.

Altre ipotesi la indicano come presidio per la riscossione dei pedaggi o, in relazione alla presenza in zona dei ricchi giacimenti auriferi di cui si è parlato, come deposito per il prezioso metallo con annessa piccola zecca per battere moneta.

La torre, tra le meglio conservate dell’area ossolana, è tornata oggi a esibire tutta la sua eleganza e imponenza, accresciuta dal posizionamento dell’edificio in una zona appartatata della frazione Vanzone, immersa in un magnifico scenario naturale e paesaggistico. Infatti, grazie a un importante progetto di restauro, sono stati interamente ricostruiti la parte alta della muratura e il tetto, soggetti negli anni a grave deterioramento, e i quattro piani della torre sono stati adibiti a suggestivo spazio per l’organizzazione di mostre ed eventi temporanei.

In tempi recenti, sono stati infine conclusi i lavori del nuovo allestimento permanente dedicato alla storia della torre nel contesto minerario e metallurgico del territorio.

Paolo Barosso

Giornalista pubblicista, laureato in giurisprudenza, si occupa da anni di uffici stampa legati al settore culturale e all’ambito dell’enogastronomia. Collabora e ha collaborato, scrivendo di curiosità storiche e culturali legate al Piemonte, con testate e siti internet tra cui piemontenews.it, torinocuriosa.it e Il Torinese, oltre che con il mensile cartaceo “Panorami”. Sul blog kiteinnepal cura una rubrica dedicata al Piemonte che viene tradotta in lingua piemontese ed è tra i promotori del progetto piemonteis.org.

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