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Due lapidi a Torino per ricordare Giuseppe Cottolengo, il fondatore della “Piccola Casa della Divina Provvidenza”

Il grande Santo sociale piemontese si dedicò tutta la vita all’assistenza fisica e spirituale dei malati e degli indigenti

Giuseppe Agostino Benedetto Cottolengo (1786|1842), braidese di nascita, è stato un grande Santo sociale piemontese. Fondò la Piccola Casa della Divina Provvidenza e numerose Congregazioni ad essa collegate, come quella delle Suore del Cottolengo e l’Istituto dei Sacerdoti del Cottolengo.

Per le sue opere di carità sociale, il 29 Aprile 1917 venne dichiarato Beato da papa Benedetto XV e il 19 marzo 1934 proclamato Santo della Chiesa cattolica da papa Pio XI. Lo si commemora il 30 Aprile, giorno della sua morte. Fu il primo di dodici fratelli: i suoi genitori erano Giuseppe Antonio Cottolengo e Benedetta Chiarotti. Fu la madre, originaria di Savigliano, a infondergli i principi fondanti della vita cristiana.

I Cottolengo (Couttolenc) erano di origini provenzali: suo nonno Giuseppe si era trasferito a Bra da Saint-Pons, presso Barcelonnette. Erano intraprendenti mercanti di stoffe: la loro abilità negli affari fu ereditata dallo stesso Giuseppe Benedetto, che si dimostrerà sempre molto oculato nella gestione amministrativa della sua Opera.

La sua adolescenza venne condizionata dall’incalzare degli eventi legati alla Rivoluzione francese e alla successiva invasione del Piemonte da parte dei soldati di Napoleone Bonaparte. I suoi studi di Teologia, iniziati il 5 Dicembre 1802, furono condotti in clandestinità, prima a Bra e poi ad Asti (alla cui diocesi apparteneva allora la sua città natale). L’8 giugno 1811 venne ordinato sacerdote nella Cappella del Seminario di Torino da monsignor Paolo Giuseppe Solaro, già vescovo di Susa. Il giorno successivo celebrò la prima Messa nella sua Bra. Nel novembre 1813, fu nominato viceparroco di Corneliano d’Alba. Col declino della stella napoleonica e il mutato clima politico che portò alla Restaurazione, poté finalmente riprendere e completare gli studi teologici. Nel 1818 entrò nella Congregazione dei Canonici del Corpus Domini. Furono le letture sulla vita di San Vincenzo de’ Paoli e l’esempio di questo santo, impegnato a tutto tondo nell’opera di assistenza ai malati, anche terminali, a condurlo alla piena maturazione della sua dimensione umana e spirituale e a votarsi anima e corpo a favore degli infermi e dei più poveri.

Un ritratto del santo

Ma ci fu un evento drammatico che segnò la vera svolta della vita del Cottolengo: accadde a Torino il 2 Settembre 1827, quando venne chiamato al capezzale di una donna al sesto mese di gravidanza, tale Jeanne Marie Gonnet, affetta da tubercolosi e in preda ad una grave emorragia. Suo marito aveva disperatamente bussato alle porte di diversi ospedali, ma nessuno di questi ne aveva autorizzato il ricovero, perché le perdite di sangue avrebbero potuto innescare un’infezione epidemica tra le altre inferme. A quell’uomo non restò che ricondurre la povera donna nella modesta stanza d’albergo di Via Corte d’Appello, in cui la famiglia aveva trovato alloggio, e farla stendere sul letto in attesa della morte. Fu proprio il Cottolengo che le somministrò l’estrema unzione. Scosso da infinita pietà e toccato da quella straziante esperienza, il Santo sentì l’urgenza di creare un asilo, un tetto, dove potessero essere accolti i malati più gravi e disperati, e dove potessero essere assistiti tutti coloro che per motivi di indigenza, o perché respinti, non potevano essere ricoverati negli ospedali.

Con l’aiuto di alcune collaboratrici, il 17 Gennaio 1828, sia pur con soli quattro letti, il canonico Cottolengo aprì in Via Palazzo di Città il Deposito de’ Poveri Infermi del Corpus Domini (Pio Istituto della Divina Provvidenza).

La lapide dedicata alla prima Casa di accoglienza istituita dal Santo in Via Palazzo di Città

Dopo appena tre anni, però, in concomitanza con il diffondersi in città di un’epidemia di colera, il Governo del Regno di Sardegna gli intimò di chiudere quel ricovero. Il Santo trasferì così la struttura in Borgo Dora, dove il 27 Aprile 1832 fondò la Piccola Casa della Divina Provvidenza, che divenne presto più semplicemente conosciuta in città col nome del suo fondatore: “il Cottolengo”. L’Istituto accoglieva infermi e pazienti di ogni tipo: epilettici, malati psichici, sordomuti, ecc. Intanto si allargava il gruppo di giovani volontarie che si prendevano cura degli ospiti della Piccola Casa, coadiuvando il Fondatore nella sua attività di assistenza e carità. Era l’embrione di quella che sarebbe di lì a poco diventata una Congregazione religiosa, dedita all’assistenza fisica e alla vicinanza spirituale ai malati: quella delle “Cottolenghine”. Nel 1838 fu anche fondata in loco una Scuola per infermiere professionali. “Il Cottolengo” divenne col passare del tempo una realtà ospedaliera e di accoglienza sempre più grande e attrezzata, ed oggi rappresenta un centro medico-ospedaliero d’eccellenza e d’avanguardia. Qui operano tuttora con pietosa dedizione le suorine del Cottolengo, sulla cui tonaca è ricamato un cuore con la scritta Caritas Christi urget nos. Esse dedicano la loro vita al servizio dei sofferenti, degli indigenti e degli infermi.

Giuseppe Cottolengo passò gli ultimi giorni della sua vita a Chieri, dove morì di tifo il 30 aprile 1842, nella casa del fratello Luigi, anch’egli sacerdote,

Torino gli ha dedicato due lapidi, che ricordano due momenti chiave della vita del Santo. Una di queste è posizionata sulla facciata dell’edificio al civico 6 di Via Palazzo di Città, chiamato il Palazzo “della volta rossa”, dove ‒ come già ricordato ‒ il canonico Giuseppe Cottolengo, nel 1828, aveva fondato il suo primordiale ricovero.

L’altra lapide dedicata al Cottolengo è apposta sulla facciata della casa torinese di Via Corte d’Appello 4, ove il Santo prestò la propria assistenza spirituale alla prima inferma:

La sera del 2 Settembre 1827,

il Canonico Cottolengo

assisteva in questa casa

una povera ammalata forestiera

e scosso da infinita pietà

per le sventure umane

divampava in quell’anelito di bene

che diventò un prodigio quotidiano

nella Piccola Casa della Divina Provvidenza.

Concludo con una significativa massima del Santo: “I poveri sono i nostri padroni e bisogna trattarli come tali, altrimenti ci licenziano”. Un’affermazione che da sola basta a sancire la grandezza e la santità dell’uomo che l’ha pronunciata.

La lapide di Via Corte d’Appello 4, dedicata al Canonico Giuseppe Cottolengo

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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