Lingua & tradizioni piemontesi

San Martino, il “santo del mantello”, celebrato l’11 Novembre

Usi, tradizioni, proverbi e modi di dire piemontesi (e non solo) legati a questo Santo e a questa data

L’11 Novembre si festeggia San Martino, che – a onor del vero – non è affatto un onomastico o una ricorrenza qualunque.  Perché questo giorno rappresenta il tradizionale giro di boa dell’annata agraria, che si conclude proprio nel giorno di San Martino, ma che, contestualmente – sempre in questa stessa data – si rinnova e ricomincia. Come una Fenice, che puntualmente muore e si rigenera.

L’11 di Novembre è la data in cui si concludono i contratti di locazione, di mezzadria o di affitto di un campo o di un terreno agricolo ed è anche quella in cui viene corrisposto al proprietario il canone per l’anno appena concluso (il canone in agricoltura è generalmente posticipato, soprattutto quando è parametrato in natura: ad esempio un tot di quintali di grano, di méliga, ecc., il cui valore viene fissato di anno in anno dai mercati locali).  I contratti agrari, però, potrebbero anche non essere rinnovati, e per i mezzadri e i locatari, in quel caso, non resta che abbandonare cascinali e campi, e trasferirsi altrove.

Nell’uso popolare, l’espressione “fé San Martin”, ovvero “fare San Martino”, ha assunto proprio il significato di “trasferirsi”, “traslocare”; l’espressione deriva appunto dagli usi del contesto rurale.

Per molte chiese locali, poi, l’11 Novembre, soprattutto al Sud, si celebra anche il Giorno del ringraziamento per la conclusione dell’annata agraria e al tempo stesso si invoca la benedizione del Signore per quella che sta per iniziare.

Ma l’11 Novembre è anche l’epoca in cui il mosto, posto nei tini, inizia a trasformarsi in vino. Ce lo ricorda, in una celebre e soave poesia, Giosuè Carducci, intitolata – appunto – San Martino.

La celebre poesia di Giosuè Carducci, intitolata “San Martino”

Ma torniamo all’onomastico per celebrare tutti coloro che portano questo nome, che ha anche un femminile: Martina.

San Martino chi era?

Martino di Tours è stato un vescovo cristiano del IV secolo; esercitò il suo ministero nella Gallia del tardo Impero Romano. Tra i primi santi non martiri proclamati dalla Chiesa cattolica, è venerato anche dalla Chiesa ortodossa e da quella copta.  È patrono delle Guardie Svizzere pontificie, dei mendicanti, degli albergatori e dei cavalieri.

Sul finire del Trecento fondò a Ligugé (Francia) un “cenobio”, ovvero una sorta di ostello-oratorio, che può essere considerato il primo Monastero dell’Occidente. Alcuni seguaci lo raggiunsero, formando così, sotto la sua direzione, la prima comunità monastica attestata in Francia. Qui trascorse 15 anni, approfondendo le Sacre Scritture, facendo apostolato nelle campagne ed elargendo miracoli al suo passare.

A furor di popolo venne eletto vescovo di Tours nel 371, ma Martino continuò a mantenere una vita monastica e di preghiera, lontano dalla vita mondana.

Celeberrima è l’espressione “istà ’d San Martin” (“estate di San Martino”), usata per indicare un atipico ma breve periodo di clima temperato che ogni anno caratterizzerebbe i giorni attorno all’11 Novembre. L’espressione parrebbe legata ad un episodio giovanile della vita del Santo. Si racconta che in una giornata molto fredda e piovosa, ad Amiens, Martino avesse scorto un povero in abiti sdruciti e troppo leggeri: per ripararlo dal gelo, gli dono la metà del suo mantello. Secondo una prima versione dell’episodio, Martino avrebbe di lì a poco incontrato un altro indigente mendicante con gli abiti a brandelli: mosso ancora una volta compassione, gli avrebbe donato l’altra metà del proprio mantello. Martino rimase allora in maniche di camicia, ma a quel punto apparve il sole: i raggi si fecero più intensi e Martino venne inondato e riscaldato dal loro tepore. Secondo un’altra versione del racconto, Gesù gli sarebbe apparso in sogno, avvolto nel suo stesso mantello, rivelandogli di essere lui il mendicante al quale glielo aveva donato. Dopo questo episodio, Martino si battezzò e si fece cristiano.

Un’immagine di San Martino,
Vescovo di Tours

Morì l’8 Novembre 397 dopo Cristo, Candes-Saint-Martin, in Francia; fu tumulato a Tours, l’11 Novembre 397, località in cui si trova uno dei più noti castelli della Valle della Loria. Di lui così scrisse Sulpicio Severo (360 ca.- 420 ca.), suo discepolo, in una biografia dedicata al Santo: “Colui che tutti già reputavano Santo fu così anche reputato uomo potente e veramente degno degli Apostoli”.

Concludiamo questo articolo con qualche altra curiosità:  sono una trentina i borghi italiani, grandi e piccoli, dedicati a San Martino. In Val d’Aosta, notissimo, è il comune di Pont St. Martin. Altra località molto conosciuta è San Martino di Castrozza in provincia di Trento.

In Lombardia la Valle San Martino è amministrativamente divisa tra le province di Lecco e di Bergamo.

In Piemonte , sono almeno tre i comuni dedicati a San Martino: San Martino Alfieri (Asti), Borgo San Martino (Alessandria) e San Martino Canavese (Torino).

A Genova un noto e storico ospedale porta il nome del Santo. San Martino è presente anche nei nomi delle vie e delle strade: a Torino, sopra Piazza Hermada, si diparte verso la collina la Strada Comunale di Val San Martino. Sempre a Torino, Corso San Martino collega Porta Susa con Piazza Statuto.

Tra i più noti borghi chiamati San Martino, ricordiamo ancora San Martino della Battaglia, che è una frazione di Desenzano del Garda (Brescia).

Il toponimo San Martino della Battaglia deriva dalla piccola Chiesa di San Martino, appartenuta precedentemente al Monastero di Santa Giulia di Brescia. La battaglia di San Martino si svolse il 24 giugno 1859 (II Guerra d’Indipendenza) nella campagna circostante la chiesetta: qui, le forze del Regno di Sardegna, al comando di Vittorio Emanuele II, alleate ai Francesi di Napoleone III, sconfissero gli Austriaci, guidati dall’Imperatore Francesco Giuseppe.

Gli alleati francesi erano invece impegnati sul fronte nel vicino comune di Solferino.

La battaglia di San Martino, tra le più cruente del Risorgimento, si concluse con la vittoria dei Piemontesi e gli Austriaci furono costretti a cedere la Lombardia.

Nel 1880 si iniziò la costruzione di una Torre-Ossario per accogliere i resti dei caduti. Fu inaugurata in presenza di re Umberto I. È alta 60 metri e dalla sua sommità è possibile ammirare un incantevole panorama a 360°. Nel 1939 venne costruito in prossimità della Torre anche un Museo del Risorgimento.

E’ rimasto famoso l’incitamento di re Vittorio Emanuele al suo Esercito nel corso della battaglia: “Fieuj, o pijoma San Martin o an fan fé San Martin!” (“Ragazzi, o prendiamo San Martino, o ci fanno fare San Martino”).

Parole decisamente scaramantiche.

Post Scriptum: sempre a proposito di Martino, c’è anche un detto che suona così: “Per un punto, Martin perse la cappa”. Ma questo Martino è tutt’altra persona rispetto al Santo di Tours. Costui era infatti un monaco sventato e sprovveduto con ambizioni di carriera, che un giorno volle far incidere sulla porta del suo Convento una frase di per sé assolutamente rasserenante: “Porta patens esto. Nulli claudatur honesto” (ovvero: “Questa porta resti aperta. Non sia chiusa a nessun uomo onesto”). Peccato però che il punto sia stato inciso al posto sbagliato. La scritta divenne così: “Porta patens esto nulli. Claudatur honesto”, ribaltando completamente il significato intenzionale: “Questa porta non sia aperta per nessuno. Resti chiusa (anche) a chi è onesto”. Per quel punto messo nel posto sbagliato, Martin perse per sempre la cappa, cioè la carica di abate del suo Monastero, a cui da tempo aspirava.

Che sia lui il fra Martino poi diventato un celeberrimo campanaro?

Sergio Donna

Un dipinto riproducente un frangente della Battaglia di San Martino, 24 Giugno 1859
Seconda Guerra d’Indipendenza

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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