Ravioles e tumin dal Mel… ed è subito Val Varaita
CUNEO. La Val Varaita è una zona del Piemonte, che comprende l’area di Costigliole Saluzzo fino ai comuni di Sampeyre, Casteldelfino e Bellino. La sua vicinanza con il confine francese ha fatto sì che i piatti tradizionali di questi luoghi risentissero dell’influenza d’Oltralpe. Tra i piatti tipici della zona non potrete fare a meno di gustare, se avrete occasione di passare da lì, le squisite ravioles.
Non c’è osteria, taverna o rifugio che non le proponga, è il vero e proprio cavallo di battaglia della Valle, prodotto esclusivamente con i “frutti” tipici della montagna e del territorio circostante. Il piatto è tanto prelibato, quanto il suo nome davvero eccentrico. Per dirla alla maniera inglese, ravioles rappresenta esattamente il concetto di “false-friend”: infatti, la pasta che vi troverete davanti, quando ordinerete il piatto, non avrà l’aspetto del classico raviolo, che tutto il Piemonte conosce. A dirla tutta, le ravioles sono una specie di tipologia di gnocchi, dalla forma allungata, un po’ “grassotti” e affusolati ai lati. Perciò, questo termine non deve ingannare, perché racchiude in sé una piccola etimologia segreta ai più: ravioles si riferisce quindi al gesto, che si compie (ancora oggi) per dare la forma a questo insolito gnocco, che consiste nello staccare un pezzetto di pasta, arrotolarlo con il palmo della mano ripetutamente sulla tavola di legno, dando la forma caratteristica appena descritta.
Sono prodotte con le patate delle montagne della Val Varaita, dal sapore molto particolare, dovuto alla composizione e alla ricchezza del terreno in cui crescono, e dal toumin dal Mel (tomino di Melle), un formaggio Dop tipico di questa terra, nato nel borgo di Melle alla fine del XIX secolo dall’esperienza delle massaie, che lo producevano due volte al giorno.
La peculiarità di questo formaggio risiede nel breve lasso di tempo che passa tra la mungitura del latte e la caseificazione. Il disciplinare di produzione, quindi, è molto stringente nella sua regolamentazione: il latte dev’essere assolutamente a km zero, ecco perché si tratta di latte proveniente solamente dalle mucche di razza Piemontese allevate ovunque nei dintorni. Una volta prodotte, le piccole formaggette vengono fatte riposare su canovacci di fibra naturale, le quali sono le garanti delle caratteristiche organolettiche che si svilupperanno nel prodotto finito. La stagionatura è comunque molto veloce: per ottenere la formaggetta “fresca” (quella utilizzata nelle ravioles) trascorrono quattro giorni, mentre per la versione “più stagionata” trenta.
Il condimento più utilizzato per le ravioles è il burro (spesso di malga), mescolato ad un po’ di panna.
Se nel breve periodo non riusciste a fare un salto in questo Valle, potreste cimentarvi a casa nel cucinarli. Qui di seguito troverete la ricetta.
Ingredienti
1 kg di patate
300 g di farina 00 (dose indicativa)
200 g di Tomino di Melle
1 uovo
2 pizzichi di sale
A piacere una grattata di noce moscata e una macinata di pepe
Preparazione
Lessare le patate con la buccia in acqua poco salata, scolarle e pelarle. Passarle al passapatate, alternando pezzi di formaggio (preferibilmente tomino di Melle). Quando il composto è tiepido, aggiungere la farina, l’uovo, il sale e la noce moscata. Impastare bene ed eventualmente aggiustare di farina, per raggiungere la consistenza soda della pasta degli gnocchi. Dall’impasto preparare le ravioles della Val Varaita come per gli gnocchi classici. Suddividere quindi la pasta in pezzi di circa 200 g da manipolare con le dita fino a formare dei lunghi cordoncini di circa 1,5 cm di diametro. Staccare poi pezzetti di pasta dai suddetti cordoncini e per dare la forma a fuso rotolare gli gnocchetti con il palmo della mano sul piano di lavoro ben infarinato.
Cuocere in più tornate in abbondante acqua sala in ebollizione; sono cotte quando salgono a galla. Scolare e mettere man mano in una pirofila. Quando tutte le ravioles sono cotte, condire con il burro rosolato fino a farlo diventare color nocciola (eventualmente profumato di salvia). Tradizionalmente si aggiungeva un po’ di crema di latte affiorata dal bidone della raccolta della mungitura.