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Pasticcieri e cioccolatieri: professionisti che a Torino sono soprattutto degli artisti

TORINO. Il Piemonte e il suo capoluogo hanno un’antica e ricca tradizione dolciaria che affonda le sue radici nella storia delle corti e dei chiostri dell’Alto medioevo e del rinascimento per giungere fino al 1861, epoca d’oro di Torino capitale.  In effetti, sin dal 1500 l’arte dolciaria piemontese raggiunge un grado di ricchezza e raffinatezza senza precedenti: nella corte piemontese si sviluppa un artigianato che vanta i migliori maestri pasticcieri della penisola. Con l’aumento della disponibilità di zucchero di canna nell’Ottocento, botteghe di pasticceria e confetteria si moltiplicano. In Piemonte gli artigiani dolciari sono favoriti del clima economico di Torino, sede della monarchia dei Savoia, dove molte materie prime (zucchero, cacao e caffè) arrivano meno gravate da dazi rispetto ad altri stati italiani.

Sin dal Rinascimento i pasticcieri sono contagiati dalle manie di grandezza dell’epoca e i diversi maestri sono perennemente in gara per produrre composizioni sempre più ricche, come la riproduzione del castello dei Savoia cinto da alti monti innevati con sopra il diadema imperiale offerto a Chambery nel 1348 a Carlo IV. Con il Cinquecento l’arte dolciaria raggiunge un grado di autorevolezza e raffinatezza che non ha precedenti e proprio in Piemonte si sviluppa un artigianato che vanta i migliori maestri pasticcieri della penisola.

Nella tradizione popolare i confetti vengono sostituiti dagli “anicini” preparati con spezie meno costose come i semi di anice e i chiodi di garofano. Nonostante il costo elevato, lo zucchero stava avviandosi a sostituire il miele in tutte le preparazioni dolci anche in Piemonte. Dalla metà del Seicento i dolci diventano sempre più soffici, leggeri e raffinati ed è di quell’epoca la scoperta della panna montata e la diffusione dei gelati. A Camillo Benso conte di Cavour va anche il merito dell’attivazione dei primi zuccherifici, grazie alle ricerche che portano ad estrarre zucchero dalle barbabietole. Il nuovo zucchero influisce decisamente sull’economia e sulle abitudini della popolazione: il sapore dolce da lusso diventa un prodotto da consumarsi abitualmente. Nelle tenute ecclesiastiche nascono i primi biscotti preparati con le stesse semplici tecniche con cui si preparavano le ostie per le messe.

Francesco Moriondo, pasticciere alla corte dei Savoia, alla fine del ‘700 si trasferisce a Mombaruzzo, e comincia a produrre e a mettere sul mercato i suoi “amaretti di Mombaruzzo”. Con l’Ottocento il successo di questo prodotto è straordinario. Nell’Ottocento i pasticcieri si muovono, superano i confini, diffondono idee e ricette. Si mescolano, si integrano e completano le differenti culture culinarie. Le ricette mediterranee influenzate dalle tradizioni nordiche si arricchiscono di panna, crema e guarnizioni e la pasticceria diventa più ricercata.  Dalle ricette dei dolci poveri nascono tante altre elaborazioni che, rivisitate oggi, ci offrono prodotti di qualità. Infatti nelle campagne e nei monasteri, oltreché dalla dolcificazione del pane, nasce la cottura della frutta, con il miele o con il vino: le pere, le prugne, le pesche, le mele, i fichi, la zucca.

In Piemonte i dolci sono comunque rimasti prerogativa quasi esclusiva per il consumo nelle grandi occasioni: Natale, Capodanno, Pasqua, persino Quaresima, battesimi, compleanni, matrimoni, ecc. A volte dolci da presentare anche per gli stessi funerali: le ossa da mordere che tuttora si producono in certi comuni del Novarese, altro non sono che un dolce a base di bianco d’uova e zucchero che veniva distribuito originariamente tra i convenuti a un funerale quale forma di ringraziamento per aver partecipato al dolore della famiglia.

Soltanto nella recentissima, attuale “età del benessere” il consumo dei dolci si è esteso, ha rotto i vincoli di tradizione e consumo ed è entrato nelle abitudini alimentari quotidiane, conseguenza di un generale miglioramento delle condizioni di vita, di una cresciuta disponibilità di prodotto, di un cambiamento radicale di mentalità, supportati da una produzione – prima di tutto artigianale poi industriale – sempre più attiva e creativa.

Alcune delle migliori creazioni del glorioso passato di Torino sono ancora abitualmente consumate nelle migliori caffetterie di Torino e in Piemonte: dallo zabaglione al bicerin, dai baci di dama ai giandujotti, ancora ai krumiri e al biscotti di Novara.

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