I tre fratelli trascorrono la prima parte della loro vita tra Torino e Murello dove la famiglia possiede una casa che si trova proprio di fronte al castello che fu dei Templari e poi dei Gerosolimitani. «I lunghi soggiorni nella casa di campagna a Murello – scrive Giorgio Petrochi nella biografia sullo scrittore -, il contatto con la terra , con le antiche memorie dei castelli piemontesi , l’attitudine ad un soggiorno tranquillo , la semplicità delle esperienze umane acquisite , tutto ciò da all’infanzia del Calandra quel pacato sentimento di comunione con le cose , quella natura un po’ schiva e malinconica che ritroveremo nell’immagine matura dell’uomo , e nella tonalità di molte sue composizioni o di suoi stati d’animo».
I primi documenti letterari risalgono al 1883 ma il primo libro pubblicato è del 1884 , si tratta di una fiaba per fanciulli La bell’Alda. In questo periodo si dedica inoltre all’attività di illustratore di testi propri e di autori suoi amci incontrati presso la libreria del suo primo editore Francesco Casanova. Tra di essi spiccano De Amicis, Giacosa, Camerana, Boito, Verga e altri. Coincide con il 1889 l’inizio della sua attività teatrale che pur rappresentando un aspetto minore offre una discreta produzione.
Edoardo è uno scrittore molto pignolo, quando descrive un tratto di paese o un lembo di campagna, visita più volte la località prendendo appunti sul suo taccuino. A casa stende la descrizione e successivamente torna sul luogo con la moglie Virginia Callery, sposata nel 1881, che deve controllare se la descrizione era fedele. Il suo scrupolo per la verità è estremo, vuole che i suoi “paesaggi” si vedano come fossero bozzetti dal vero. Per questo motivo chi conosce i luoghi dove si svolgono i fatti dei suoi romanzi e delle sue novelle , li riconosce perfettamente leggendo le sue opere.
Nel 1882 comincia la stesura di quello che sarà considerato il suo maggior romanzo La Bufera, la cui prima edizione vede la luce nel 1898. La seconda edizione profondamente riveduta verrà pubblicata solo nel 1911: entrambe le edizioni hanno in comune lo scarso successo di critica, se si esclude quella di Benedetto Croce che nel 1911 pubblica un saggio sull’intera opera del Calandra e in una lettera a lui indirizzata scrive: «Mi dolgo con me stesso di aver tardato tanto a fare la conoscenza di un così semplice, solido e onesto scrittore». Il riconoscimento del filosofo giunge appena in tempo, Calandra già da tempo malato di cuore, muore a Torino il 28 ottobre 1911. A lui e al fratello la Città di Torino ha intitolata una via.