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Nati il 30 settembre: l’illustratore torinese Angelo Bioletto, padre del Feroce Saladino

Se pensate alle figurine del concorso promosso nel 1936 dalla Perugina e dalla Buitoni, oppure alle prime serie di Topolino, o ancora alle illustrazioni di molti libri per ragazzi come David Copperfield e I ragazzi della via Paal, ebbene tutte portano la firma di un torinese: Angelo Bioletto, per gli amici “Nino”. Il futuro autore di tante storiche illustrazioni nasce nel capolugo piemontese il 30 settembre 1906.  A Torino compie i suoi studi e nel 1926 comincia a lavorare in uno studio grafico dove conosce un disegnatore, Cinico Angelici, appassionato di musica. Il futuro direttore d’orchestra trasmetterà a Bioletto la passione per la batteria, ma anche per il disegno. Così quattro anni dopo Bioletto trova un impiego al quotidiano La Stampa, realizzando rubriche o vignette singole, spesso satiriche, come “Bioletto ha visto”, “Bioletto in città”, “Taccuino di Bioletto”.

Il 1934 è un anno fondamentale per la carriera dell’artista torinese: in quel periodo, ogni domenica, verso l’una del pomeriggio, gran parte dell’Italia si ferma per ascoltare la trasmissione radiofonica I quattro moschettieri ideata da Angelo Nizza e Riccardo Morbelli e sponsorizzata dalle ditte Perugina e Buitoni. La trasmissione è condotta da Nunzio Filogamo. Bioletto propone di realizzare delle figurine raffiguranti i personaggi della serie e di distribuirne una per ogni prodotto delle due ditte finanziatrici. Sarà un enorme, inaspettato, successo. Le figurine, da passatempo per bambini, diventano un fenomeno di massa. L’album, sempre realizzato da Bioletto, raccoglie 100 figurine. Se completato, dà diritto a un premio. Chi riesce a completare ben 150 album ottiene in regalo una “Topolino”, l’utilitaria della Fiat più famosa di quel periodo. Tra le figurine più particolari, si ricordano il jolly (che sostituisce una figurina mancante), nonché le rarissime “Il Feroce Saladino” e “La Donna Fatale” (caricatura di Greta Garbo).

Nel 1939 Federico Pedrocchi, a capo di alcune testate della Mondadori, chiede ed ottiene la collaborazione di Bioletto. Dopo la realizzazione dei disegni per una storia sceneggiata da Pedrocchi stesso (la riduzione a fumetti del Don Chisciotte), diversi progetti gli vengono proposti, tra i quali una produzione de I quattro moschettieri in Francia e l’ambizioso film La Rosa di Bagdad, il primo lungometraggio a disegni animati italiano, al quale avrebbe lavorato pure Pedrocchi. Nel film, diretto da Anton Giulio Domeneghini, il tratto di Bioletto è particolarmente espresso nei personaggi da lui disegnati, come i tre consiglieri del califfo Oman III, Tonko, Zirko e Zizibè che ricordano un pò i nani di Biancaneve. Il film è la storia di Zeila, detta la Rosa di Bagdad, figlia del saggio califfo Oman III. Il padre vuole trovarle un giusto marito ma il malvagio Jafar, con l’aiuto del mago Burk, utilizza la magia per conquistare la ragazza. Amin, il giovane maestro di musica di Zeila, risolverà la situazione con l’aiuto della gazza ammaestrata Kalimà.

Riccardo Morbelli e Angelo Nizza in compagnia di Bioletto

Bioletto inizia anche a collaborare per la neonata rivista Il Caroccio. La Seconda guerra mondiale e la morte dell’amico Pedrocchi portano Bioletto alla decisione di interrompere tutte queste attività. Nel 1948 incomincia a collaborare, come disegnatore, per Topolino giornale. La sua prima storia, sceneggiata da Guido Martina, è Topolino e il Cobra Bianco. La prima puntata di questa storia viene pubblicata sul numero 713 e si conclude, dopo cinque mesi (causa anche la chiusura del Topolino giornale) sul primo numero del Topolino libretto, datato aprile 1949. Dopo aver disegnato altre due storie (sempre su testi di Martina), tra le quali la prima parodia disneyana L’inferno di Topolino, Bioletto abbandona il fumetto, dedicandosi a tempo pieno a pittura, scultura, arti grafiche e figurative, in particolare all’illustrazione di libri per ragazzi.

Bioletto scompare all’indomani del Natale del 1987 all’età di 81 anni.

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