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Miti e leggende sulla nascita di Torino nei racconti di Danilo Tacchino

E’  giunto da poche settimane in libreria il libro di Danilo Tacchino Torino. Miti e leggende della fondazione, pubblicato da Neos Edizioni. Un titolo che a prima vista potrebbe apparire come un saggio sui misteri che avvolgono la nascita dell’Augusta dei Taurini, ma che non è esattamente così, visto che l’autore ha preferito raccontare attraverso una serie di racconti (e scusate il bisticcio di parole) proprio gli anni in cui Torino prese forma. In effetti, il libro di Tacchino si colloca a metà tra il racconto e il saggio, tentando di coprire un buco colmo di manchevolezze sulla storia antichissima del territorio torinese, probabilmente  perché mancante di elementi certi o almeno probanti.

Nell’ardita ricostruzione storica che Tacchino effettua sulla base dei miti e delle leggende, si scopre un percorso  storico sulla pianura torinese che sino ad ora è stato quasi completamente dimenticato. Peraltro, la storia del territorio torinese del periodo preistorico, protostorico, e antico, almeno sino alla fondazione della colonia romana, è una storia perduta nell’oblio del tempo e nella nullità di fonti  scritte e segni  inconfutabili rimasti. Solo qualche diafano e isolato resto, come rari graffiti o dolmen e menhir, come ad esempio i graffiti  riscontrabili vicino al rifugio del Gravio nelle pendici  del parco  Orsiera Rocciavrè, in val Susa e Chisone, o il cromlech riscontrabile sul monte Ciabergia d’innanzi alla sacra di San Michele all’inizio della valle Susa, rimangono, come altri segni isolati quasi come ultimo baluardo per ricordarci che una storia  perduta e sicuramente complessa del territorio torinese antico vi è stata. E seri studi  di archeologi esperti di quell’arcaico periodo,  ci dicono come sicuramente la cultura neolitica dei dolmen e dei menhir fosse ampiamente diffusa sul  nostro territorio, ma l’inclemenza della storia e del tempo ha quasi praticamente annullato i segni della sua presenza, al contrario  per esempio, del territorio bretone.

La cultura orale, dai fatti storici ne ha ricavato miti e leggende sempre perse nella profondità del tempo immemore, creando  delle storie di fascino mitologico e leggendario non indifferente. In un imprecisato tempo di vari millenni prima di Cristo, un popolo  dalle fatture piccole e dalla pelle scura venuto dall’oriente fondò una immensa megalopoli, dall’inizio della valle di Susa, incuneandosi al suo interno ed occupandone tutto il territorio, divenendo la città  di Rama in cui il Grande Dio Fetonte detentore del segreto  della luce, insegnò il culto del fuoco e insufflò il seme della conoscenza, che poi si perse nei secoli quando la città fu distrutta da un immenso cataclisma, anche se un nuovo Signore Egizio, il principe Pha Raotep venuto anch’’esso dall’oriente per raccogliere il segreto del Dio Fetonte, nella piana torinese si insediò, fondando una piccola comunità, e nella quale vi perì affogandosi nelle acque del grande fiume che vi scorreva. E dal mito fondante di Fetonte a quello del drago sconfitto e ucciso dal grande Toro, simbolo del territorio poco ci passa, sino a giungere all’arrivo dei nuovi padroni Taurini provenienti dall’est attorno al IV secolo A.C. e ne rimasero signori incontrastati praticamente sino all’inizio della seconda guerra punica, mantenendo però in special modo nei territori dei monti limitrofi, la loro cultura pastorale e contadina.

Ma i secoli passano velocemente ed il mito si perde all’interno delle prime esperienze di quella colonia fondata da Cesare nel 58 a.C.  attraverso il suo campo militare costruito come base per raggiungere e attraversare il  passo del Monginevro per raggiungere le Gallie, verso Ovest, creando quindi una via importante e stabile per il transito da sud verso le Gallie, facendo i conti con quell’unico regno Celto gallico dai Romani tollerato sino  all’era di Nerone, nominato come il regno dei Cozii o di Re Cozio, (che poi diede pure il nome alle Alpi Cozie, che nel Monviso trova la sua vetta più alta come Re di Pietra). E nei primi anni della fondazione della colonia Romana troviamo le sue leggende più intriganti, legate a Pilato recluso nelle torri palatine, e a carri di fuoco che portavano a spasso Erode Antipa, poi trasformate in tempi moderni  a interpretazioni collegate ai mitici UFO di moderna rappresentazione, sino agli ultimi epici racconti sull’incendio del teatro della colonia, appiccato dalla  legione dei Batavi di   passaggio tornando dal nord,  e poi più tardi nelle stragi compiute nel conflitto tra Costantino e  Massenzio nel 312 dopo  Cristo. Tutte queste mirabolanti storie si trovano qua e là attualmente, nei racconti di una ipotetica Torino Magica o nelle osservazioni che tendono molto genericamente a dare un volto a questa porzione temporale del territorio torinese, relegandolo più nel concetto di aneddoto che in quello di  interpretazione storica.

Danilo Tacchino, Torino. Miti e leggende della fondazione, Neos Edizioni, pagine 192, euro 17,00

Piero Abrate

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