ENOGASTRONOMIAΩ Primo Piano

Tra tradizione e cucina: un supplì di riso ai carciofi del sorì, un’eccellenza della Valtiglione

Arcicioc, per chi parla piemontese, o anche carciofo del sorì, in riferimento all’ambiente di coltivazione, il versante collinare esposto al sole dove si coltivano le vigne migliori; un carciofo, quello della Valtiglione, che ci parla della cultura, della storia e della tradizione del territorio dove è da tempo conosciuto, apprezzato per la sua tenerezza e per il sapore delicato, ma un carciofo che, per molto tempo, ha rischiato di scomparire. Prodotto Agroalimentare Tradizionale in virtù delle sue «metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura che risultano consolidate nel tempo e sono praticate sul proprio territorio in maniera omogenea e secondo regole tradizionali per un periodo non inferiore ai venticinque anni», il carciofo della astigiano, o articiòch astesan, generalmente raccolto tra il finire dell’inverno e l’inizio della primavera e che per forma ricorda il carciofo romano, si presenta al palato del degustatore come un frutto particolarmente tenero e morbido, tanto che la sua consumazione viene consigliata, cruda, con un bagno nel pinzimonio, così come si fa tradizionalmente nelle contrade dell’astigiano.

E se questi frutti dell’Astigiano sono coltivati da tempo immemore, con le testimonianze più antiche che risalgono addirittura al XVII secolo, non dobbiamo però pensare che, nel passato, i carciofi del sorì fossero un frutto per tutti, anzi: riservati all’abbellimento delle case delle famiglie aristocratiche e nobili degli antichi poderi astigiani, erano ingredienti prelibati per pasti gourmet destinati a ben pochi individui. La storia del Carciofo della Valtiglione non è un racconto senza imprevisti: se la sua coltivazione ebbe la massima diffusione negli anni Cinquanta del Novecento, gli anni successivi furono segnati da un lento quanto netto declino, questo principalmente a causa della sua raccolta tardiva rispetto alle altre varietà provenienti dalle regioni meridionali. Grazie, però, ad Egidio Gagliardi di Mombercelli, memoria storica vivente della tradizione dell’articiòch astesan, che da più di mezzo secolo aiuta la diffusione della storia e della coltivazione del carciofo in questione, e all’azione di enti come slow food, quest’ortaggio scopre oggi una nuova fase di riscoperta e diffusione, apprezzato e valorizzato anche grazie a chi, come Stefano Scavino, referente dei produttori del neonato “Presidio del carciofo astigiano del sorì”, tenta nuove vie di commercializzazione: «le consegne a domicilio sono letteralmente esplose e hanno aperto una nuova via di commercializzazione per le piccolissime aziende agricole», spiega Scavino durante il lookdown della pandemia.

Ecco qui una ricetta per provare anche voi, sulle vostre tavole, questo incredibile ingrediente nostrano.

Ingredienti

  • 200 g di risotto ai carciofi avanzato.
  • 150 g di mozzarella.
  • 3 uova
  • Olio di semi di girasole.
  • Pangrattato q.b.
  • Sale q.b.
  • Pepe q.b.

Preparazione

Il Supplì di riso ai Carciofi della Valtiglione è un ottimo modo per impiegare il nostro riso ai carciofi della sera precedente e per evitare gli sprechi alimentari; vedrete che non vi serviranno più di 20 minuti per prepararlo!

Bene, per prima cosa prendiamo il nostro riso avanzato e trasferiamolo in una ciotola capiente, unendolo con un uovo leggermente sbattuto e con una leggerissima spolverata di pan grattato. Amalgamiamo i vari ingredienti, lavorandoli a mano fino ad ottenere un composto omogeneo, e procediamo poi alla formazione dei nostri supplì.

Con le mani inumidite, preleviamo un po’ di composto e, dopo aver inserito al centro qualche dadino di mozzarella, richiudiamolo, ricongiungendo i bordi e dandogli, appunto la forma sferica del nostro supplì. Proseguiamo la realizzazione delle nostre polpettine di riso e formaggio, fino a quando non avremo esaurito tutti gli ingredienti; ora, dopo aver passato i supplì nelle uova sbattute e nel pangrattato, è finalmente tempo di friggere!

Scaldiamo in un tegame due dita di olio di semi di girasole – o, perché no, d’arachide – e immergiamoci i supplì, pochi alla volta e rigirandoli di tanto in tanto, fino a che non avranno assunto la tipica colorazione dorata.

Per questo passaggio è bene fare attenzione: prima di immergerli nell’olio bollente, l’olio deve aver raggiunto la giusta temperatura, che a seconda del tipo d’olio utilizzato può variare dai 170° ai 190° gradi. In ogni caso, a meno che non siate muniti di termometro, vi basterà immergere nel liquido un manico di una paletta di legno, oppure uno stuzzicadenti: quando inizierà a fare le bolle, vorrà dire che l’olio è pronto e che potrete iniziare la vostra frittura.

Perfetto! I nostri Supplì sono pronti: scoliamoli e lasciamoli “asciugare” su un foglio di carta assorbente, per poi servirli, ancora caldi, ai nostri ospiti.

Mirco Spadaro

Classe '98, rivolese di nascita, frequenta il corso di Lettere Antiche a Torino, sotto il simbolo della città. Tra viaggi e libri, è innamorato della tecnologia e della scrittura e cerca, tra articoli e post su siti e giornali online, di congiungere queste due passioni, ora nella sua "carriera" come scrittore, ora con il "popolo di internet".

Articoli correlati

Pulsante per tornare all'inizio