RONCO CANAVESE. Al confine fra bene e male, mezza fata e mezza strega, la faia è un essere leggendario dalle sembianze di donna che anticamente insegnava l’uso appropriato di un gran numero di erbe medicinali ai pastori delle vallate canavesane, così come l’arte della lavorazione del latte. Ma non solo. Avrebbe insegnato anche il segreto di ricavare dal latticello (laità in dialetto), un prodotto ancor più importante del burro e del formaggio.
Qualche montanaro giurava che si trattasse di un personaggio realmente esistito, ma che disgraziatamente un giorno, forse presa da un istinto materno, avesse rapito un bimbo. Indignati i montanari le avrebbero dato una caccia spietata, sicché essa per sfuggire alla morte sia stata costretta ad abbandonare la vallata. Ancora oggi in Val Soana, sopra una parete di roccia assai ripida, c’è una caverna piena di incisioni dove si dice che abbia transitato la fata in questione. Infatti è chiamata Casa della Faia.
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