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Le tante metamorfosi di Porta Susa in 160 anni di vita

Dal vecchio cavalcaferrovia che collegava corso Inghilterra con piazza XVIII Dicembre alla rotonda con il monumento al “Punt e Mes” del pubblicitario Armando Testa

TORINO. La piazza antistante la vecchia Stazione di Porta Susa, ora dismessa e in triste abbandono, ha subito nel tempo marcate metamorfosi urbanistiche, e persino un cambio di toponomastica. Un tempo chiamata piazza San Martino, da molto tempo è diventata piazza XVIII Dicembre, per non dimenticare una delle prime e più sanguinose stragi di uno spietato regime fascista che da poco s’era insediato al potere, potere che intendeva però consolidare a tutti i costi, con la violenza e la forza bruta. Quella piazza, da un lato, rappresentava il naturale sbocco dell’omonimo corso che – oggi come ieri –  collegava piazza Statuto con l’area fronteggiante l’allora modernissima stazione ferroviaria di Porta Susa, e dall’altro, creava uno spazio arioso, ideale ad accogliere l’intenso via vai di pedoni lì confluiti e il folto numero di carrozze in sosta, in attesa di farci montare i passeggeri appena sbarcati dai treni; e più tardi, anche le cosiddette “auto di piazza”, antesignane dei taxi, in transito o in arrivo, o in procinto di ripartire con i clienti e i loro bagagli.

Ora, però, facciamo un salto all’indietro rispetto ai giorni nostri o, se volete, un balzo in avanti rispetto a quelli in cui la piazza venne tracciata, e cioè torniamo con la mente ai ruggenti Anni Sessanta: gli anni di quello straordinario (e forse irripetibile) boom economico che aveva preso l’avvio sul finire del decennio precedente.  Ebbene, proprio in quei magici anni che abbiamo rievocato, venne costruito accanto alla stazione di Porta Susa un robusto ponte in acciaio, per consentire al traffico pubblico e privato di “scavalcare” la ferrovia, collegando direttamente il corso Inghilterra con la piazza XVIII Dicembre e la via Cernaia. E adesso, ritorniamo con la fantasia ai primi anni del terzo Millennio: nel 2004, l’architetto Jean-Pierre Buffi e l’urbanista tedesco Andreas Kipar, vincitori di una gara d’appalto internazionale, ottennero l’incarico di coordinare gli interventi urbanistici della Spina 3. L’aggiudicazione di quell’appalto diede l’abbrivio ad un cambiamento urbanistico epocale, che peraltro non è ancora del tutto terminato.

Tra i massicci lavori eseguiti in questa zona per la realizzazione della Spina, ci fu anche la sparizione del vecchio cavalcaferrovia in ferro. Congiuntamente all’eliminazione del ponte, venne in gran parte smantellato – quasi completamente ‒  anche il giardinetto che faceva corona alla curva, una sorta di mezza luna, che costeggiava il tornante che dal ponte scendeva nella piazza, e che, disegnando un semicerchio, lambiva corso Bolzano.

Il cavalcaferrovia di Porta Susa in un’immagine di fine Anni Sessanta

Il vecchio ponte di ferro venne chiuso al traffico già nel luglio del 2004, per poi essere definitamente demolito negli anni seguenti, per far posto alla nuova, affusolata e modernissima, stazione.

A ricordo di quello spazio verde, che era dotato di alcune panchine, all’ombra di pochi ma frondosi alberi, è rimasta poco più di un’aiuola, della quale la rotonda al centro della piazza, può essere considerata un’ideale propaggine. Dal mese di ottobre 2015, essa accoglie un monumento molto originale: una semisfera scura, di ben quattro metri di diametro, sovrastata da una sfera di pari circonferenza e di pari colore, che pare galleggiarci magicamente sopra. È il cosiddetto Punt e Mes. Dopo una provvisoria sistemazione alla stazione di Porta Nuova, questo curioso monumento, di Armando Testa, ha trovato al centro di piazza XVIII Dicembre una collocazione definitiva.

L’opera “Punt e Mes” firmata da Armando Testa

Prossima allo “scivolo” che conduce al terminal ferroviario di Porta Susa, e ad una delle più frequentate stazioni della Metropolitana, l’opera è ora ben visibile a tutti, in un rond point di grande transito. Fu donata alla Città di Torino dallo Studio Armando Testa, che del marchio “Punt e Mes” (un punto e mezzo) aveva fatto uno dei più felici leitmotiv delle sue campagne pubblicitarie, a sostegno di un vermouth torinese, il Carpano Punt e Mes, oggi noto in tutto il mondo, e il cui segreto era nascosto in un punto di amaro e in quell’inaspettato mezzo punto di dolcezza che ovunque ne aveva decretato un successo unico e impareggiabile.

Sergio Donna

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