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Le ratavolòire, tra credenze e misteri popolari millenari

In lingua piemontese sono ratvolor o ratavolòire: in alcune zone sono citate al maschile in altre al femminile. Ma poco importa perché sempre di chirotteri si tratta, più comunemente conosciuti come pipistrelli. Sono tante le credenze e i misteri di questi mammiferi, gli unici capace di spiccare il volo. Ma molto dicerie non hanno assolutamente fondamento, come il fatto che siano completamente ciechi e che se trovano una capigliatura finiscono per attaccarsi e non molare più la presa.

E a proposito di favole, in quelle di Esopo fuggono sempre alla morte grazie alla loro grande capacità di adattamento e al loro ingegno; in Cina sono simbolo di prosperità e lunga vita; nell’antichità venivano utilizzati vivi come amuleti protettivi per la casa e si pensava che il loro sangue avesse proprietà curative; per i Nativi Americani sono il simbolo dell’energia di cui gli sciamani necessitano per ottenere la “vista notturna e, ancora oggi, sono simbolo di rinascita per molte popolazioni nel mondo.

Ne esistono ben 1200 specie in tutto il mondo, un numero che rappresenta circa un quarto di tutti i mammiferi terrestri. Le specie censite in Piemonte sono una trentina, praticamente quasi tutte che troviamo nel resto della Penisola. Si va dalla famiglia del Vespertillo a quella del Rinolofo, dalle Nottole ai Serotini, ancora a due tipi di Orecchione.

In quanto alla dieta, possiamo dire che è piuttosto varia: per lo più insettivori, ma anche frugivori, nettarivori o ematofagi. Essi giocano quindi un ruolo importante nel mantenimento degli equilibri degli ecosistemi in quanto tengono sotto controllo le popolazioni di insetti, sono attivi nella dispersione di semi e nell’impollinazione. Il momento di massima attività è la notte. Per poter cacciare e orientarsi nel buio adottano un’efficace strategia: l’ecolocalizzazione. Si tratta di un sistema utilizzato anche da altri mammiferi, grazie al quale gli individui emettono suoni e ultrasuoni nell’ambiente riuscendo poi a riceverne l’eco una volta che questi rimbalzano incontrando un ostacolo. Il suono, con frequenze comprese tra i 12 e i 160 kHz viene prodotto dalla laringe ed emesso dal naso o dalla bocca. I sensibili padiglioni auricolari dei pipistrelli ne captano il ritorno sotto forma di eco. Così facendo, l’individuo riesce a rielaborare, a livello cerebrale, l’immagine dell’ambiente circostante, riuscendo a ricostruire informazioni importanti quali la presenza di prede o di ostacoli e la sua distanza da essi.

Contrariamente a quanto racconta la tradizione, sono solo tre le specie ematofaghe di chirotteri, ovvero quelle che si nutrono di sangue e tutte e tre sono distribuite nel Centro e nel Sud America. Dunque stiano tranquilli gli abitanti della Transilvania e soprattutto quelle sull’arco alpino: nessuno di questi esemplari è stato mai avvistato in Europa.

E d’inverno? A partire dagli inizi di ottobre alcune specie vanno in ibernazione, periodo durante il quale gli esemplari si rifugiano in ambienti con umidità e temperature costanti come le grotte, gli edifici inutilizzati e talvolta antiche miniere. Il battito cardiaco e il ritmo respiratorio rallentano, la temperatura corporea si abbassa e si riduce il metabolismo. Questa condizione perdura fino al risveglio primaverile. A quel punto, le femmine si ritrovano in colonie riproduttive, chiamate nurseries, all’interno delle quali, in estate, danno alla luce i piccoli.

In Italia i chirotteri sono protetti dal 1939. Protezione “assoluta” che è stata rimarcata da diverse direttive e convenzioni internazionali a partire da quella di Berna del 1979 per proseguire con quella di Bonn del 1992.


Piero Abrate

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Piero Abrate

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