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L’Àrdea, la mitica Lancia che fu prodotta dalla Casa di Borgo San Paolo dal 1939 al 1953

La genesi del suo nome s’intreccia di leggende e di pagine di storia antica. Una scultura in cioccolato, che riproduce le fattezze di un’Àrdea, è ora esposta al Museo Choco-Story di Torino

Succede spesso quando si pronunciano avventatamente toponimi sconosciuti e mai sentiti nominare: sbagliarne l’accento. Così Gàssino può diventare (con grande irritazione dei residenti) Gassìno, Venarìa, può inopinatamente diventare Venària, e  Àrdea diventare Ardèa. Ma tant’é. Questo è dovuto alle improvvide regole della fonologia della nostra lingua, che consentono di omettere gli accenti nel corpo di una parola, senza poter così distinguere una sdrucciola da una piana. E così, ecco che si generano inevitabilmente grossolani errori di pronuncia che potrebbero essere evitati.  

Àrdea, con l’accento sulla prima a, anche se molti si ostinano a pronunciarla Ardéa, è tra le più antiche città della penisola e sicuramente è la più antica città del Lazio. Il poeta Publio Virgilio Marone, nel VII libro dell’Eneide, ci informa che la città venne fondata nel XV secolo a.C. da Danae, una principessa greca. Àrdea è stata un’antica Città-stato, e i suoi abitanti erano chiamati “Rutuli Ardéati”.

Per gli antichi Romani, Àrdea – come Lavinium (l’attuale Pratica di mare) – era considerata sacra per i suoi stretti legami con la nascita di Roma e con la loro stessa progenie. Secondo la leggenda, che trova riscontro anche nell’Eneide, la stirpe dei Romani trasse infatti origine dalla eterosi di tre popoli: i Rutuli, i Laurenti e gli esuli Troiani al seguito di Enea dopo la distruzione della città.

La capitale dei Rutuli si estendeva su tre pianori di tufo, solidamente fortificati con possenti mura, erette con blocchi di tufo squadrati, ben protette da fossati. I Rutuli controllavano la costa laziale e disponevano di un porto-canale alla foce del fiume Incastro, che ancor oggi convoglia in mare le acque del Lago di Nemi (il “Fosso dell’Incastro” è tuttora un corso d’acqua che bagna Àrdea: attorno al suo corso si estende un’area naturalistica di grande interesse, popolata di aironi e altre specie di uccelli acquatici protette).
Sbarcati nel Lazio, Enea e i suoi seguaci riuscirono a sconfiggere Turno, re dei Rutuli. I Troiani incendiarono Àrdea, ma secondo la leggenda la città rinacque dalle sue stesse ceneri sotto la forma di un airone. Non è un caso che àrdea in latino significhi “airone” e che l’airone cenerino (Ardea cinerea) sia tuttora il simbolo dell’antica capitale dei Rutuli.
Le ricerche archeologiche nel territorio ardeatino sembrano dare sostanza alla leggenda dell’Eneide, per la presenza in zona di numerose tracce di necropoli, antiche fortificazioni e templi preistorici.

Ma c’è stata anche un’altra Àrdea (la pronuncia corretta esige l’accento sulla prima a) che dalla Storia di Roma è entrata a pieno titolo nella Storia dell’Automobile: è il mitico modello prodotto dalla Lancia a partire dal 1939 fino al 1953, in quattro serie successive. Si trattava di una vettura di piccola cilindrata ma dalle linee decisamente d’avanguardia rispetto alle auto prodotte dalle altre case automobilistiche. Di dimensioni compatte (con una lunghezza di 364 cm., e una larghezza di 138 cm.), ma rifinita con accuratezza ed eleganza, era molto simile nel design all’Aprilia (di cui quasi riproduceva le stesse fattezze, ma in scala ridotta, 9/10). Dell’Àrdea venne realizzata anche una versione furgoncino, una versione camioncino ed una versione taxi. Complessivamente, ne furono prodotte 31.925 unità: gli ultimi modelli uscirono dagli Stabilimenti di Via Monginevro 99 nel 1953. Il prezzo di listino era superiore alla media delle vetture di pari categoria, ma ciò era giustificato dal pregio delle rifiniture interne e dal valore aggiunto di una tecnologia superiore che ne esaltava le prestazioni: per fare un paragone, nel 1952 il modello base di un’Àrdea costava 1.331.500 L.it., a fronte di 1.100.000 L.it. necessarie per acquistare una Fiat 1100.

Una scultura in cioccolato di circa 30 cm. di lunghezza, realizzata da Carlo Piffer, artista dell’Alta Val Chisone, riproducente un’Ardea degli Anni Quaranta, è stata donata il 9 Novembre 2024 dall’Associazione Monginevro Cultura al Museo del Cioccolato e del Gianduja (Choco-Story) di Via Sacchi 38, a Torino. L’opera è stata esposta in bacheca insieme alle altre sculture in cioccolato già presenti nel Museo. La consegna dell’opera è avvenuta nei locali del Choco-Story in occasione della rappresentazione del recital “Cioccolato, che passione!” a cura di Monginevro Cultura, tratto dal libro “Una Storia di Cioccolato |  C’era una volta la Venchi Unica”, 2024, Ël Torèt-Monginevro Cultura, 2024.

La Sede di Monginevro Cultura, Associazione Torinese di Volontariato Culturale, è in Borgo San Paolo, a due passi dagli ex Stabilimenti Lancia, da cui sono uscite migliaia di vetture d’alta classe, proprio come l’Àrdea, e questo dono – così originale e speciale – vuole essere oltre che un omaggio al Museo, anche un simbolico omaggio a Torino, che nel Novecento ha scritto pagine ruggenti di Storia dell’Automobile, e che tuttora può essere considerata una delle indiscusse e più prestigiose Capitali internazionali del Cioccolato.

Sergio Donna

Francesco Ciocatto, titolare di Pfatisch (a destra nella foto) riceve da Sergio Donna, Presidente di Monginevro Cultura, la scultura in cioccolato riproducente una Lancia Àrdea al Choco-Story, Museo del Cioccolato (9.11.2024)

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino", "Statue di Torino" e "Ponti di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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