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La crescita costante degli orti urbani: dove sono e come funzionano

TORINO. Il passato che ritorna lo fa non solo attraverso i capi d’abbigliamento, ma anche grazie alle tradizioni. In questo caso protagonista è l’orto, già da alcuni anni presente in numerose centri per iniziative cittadine e delle amministrazioni comunali, proprietarie, quest’ultime, degli spazi verdi assegnati in affitto ai cittadini per la coltivazione di fiori, frutta e ortaggi. Nello specifico hanno ripreso importanza orti urbani e didattici, coltivati spesso in aree periferiche abbandonate, oppure su balconi, o nei cortili delle scuole, come attività didattica, ma anche in vasi posti sui davanzali delle aule.

Questo succede pure a Torino, dove l’orto, che ha una storia antica, rimanda a un modo di vivere e nutrirsi sano, oltre a contribuire, da un punto di vista terapeutico detto “ortoterapia”, a reagire positivamente in situazioni di depressione, tossicodipendenza, solitudine. Una nuova tendenza, quindi, che si sta sempre più diffondendo, tanto che la città vanta il primato di essere tra quelle che più di altre hanno promosso lo sviluppo dell’agricoltura sul proprio territorio. Condivisione e partecipazione attiva sono le parole chiave di gruppi come, ad esempio, il “Badili Badola Guerrilla Gardening Torino”, autofinanziato, apartitico e apolitico, nato nel 2007, impegnato a combattere il degrado urbano e a diffondere cultura e rispetto della natura attraverso iniziative di attivismo urbano dal basso e d’intervento, manutenzione e ripristino del verde pubblico.

A sottolineare quanto gli orti abbiano preso piede a Torino è, inoltre, un regolamento dell’amministrazione comunale per l’assegnazione e la gestione, gestito dall’ufficio che si occupa del Verde Pubblico. La normativa prevede che possano fare richiesta i cittadini maggiorenni. E ancora. Nel 2017 nasce “OrMe”, la rete metropolitana degli orti urbani, che vanta alcune esperienze di agricoltura urbana: il Boschetto – AgroBarriera, la Cascina La Luna, il Giardino delle farfalle, l’Officina Verde Tonolli. Un’altra iniziativa è quella degli “Orti Alti”, trasformazione dei tetti piani in tetti verdi coltivati a orto con la tecnologia del verde pensile, di cui uno dei progetti è Or-TO Eataly, orto in cassoni di legno allestito sul piazzale di fronte al negozio del Lingotto, coltivato con ortaggi e fiori, e curato dalle associazioni e dalle scuole del quartiere Nizza Millefonti.

In Italia è attivo il progetto nazionale “Orti Urbani” di Italia Nostra, che si rivolge a tutti coloro che, privati o enti pubblici, possedendo delle aree verdi le vogliano destinare all’arte del coltivare nel rispetto della memoria storica dei luoghi e delle regole etiche stabilite da Italia Nostra in accordo con l’Associazione dei comuni di Italia, Anci, con cui è stato sottoscritto un protocollo d’intesa, al quale hanno poi aderito Coldiretti e la Fondazione di Campagna Amica.

La Storia racconta che nel Bel Paese furono decisive per l’agricoltura urbana le politiche fasciste. Lo scopo era quello di ridurre le importazioni di frumento dall’estero, le quali determinarono nel ventennio la “battaglia del grano”. La propaganda fascista indusse la popolazione a coltivare per produrre, e i campi di grano cominciarono a rivestire prima le campagne, e in seguito a penetrare nelle città. Si definì la possibilità di coltivare anche le aree fabbricabili nelle città e di convertire i giardini in orti e campi di frumento, in luoghi come, oltre a Milano e Roma, piazza San Carlo a Torino, tra le prime grandi città nell’osservanza dell’imperativo del Duce, al motto “Non un lembo di terreno incolto”. In tempo di guerra, infatti, l’orto fu promosso con forza dalla stampa di regime attraverso lo slogan “seminare ogni zolla”.

 

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