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Cognà, una ricetta tipica dell’autunno piemontese

La cognà, pronunciata in piemontese “cugnà”, è una ricetta tipica della tradizione povera piemontese, una salsa di stagione da apprezzare come accompagnamento di formaggi e carni. La cognà trova le sue origini nel Monferrato tanto alessandrino quanto astigiano, ma anche nelle Langhe. Dalla consistenza densa e dal sapore corposo e dolce, la mostarda d’uva piemontese, di colore generalmente scuro, è costituita principalmente da mosto d’uva cotto, ricavato, come da tradizione, dalle uve acerbe, non idonee alla vinificazione, del Moscato, del Nebbiolo, del Dolcetto, od anche dalle uve del Barbera. Insomma, una pietanza quasi “di riciclo”, con origini nel lontano Medioevo, che prendeva come ingredienti gli “scarti” dei campi, quelli non utilizzabili nella vendita e propri della stagione autunnale.

Pere , gherigli di noci, nocciole, generalmente le tonde gentili, mele renette, mele cotogne, fichi, prugne, zucca, scorze d’arancia e di limone; gli ingredienti e le ricette della cognà sono innumerevoli e tutte diverse tra loro, sia nella proporzione che nella composizione degli ingredienti: cambiano a seconda della zona ed a seconda della tradizione famigliare, ma tutte hanno in comune il fatto di essere composte da ingredienti di “recupero”.

Ingredienti (per 1,5 kg di cognà)

  • 1,5 kg di uva rossa (oppure 1 kg di mosto d’uva rossa)
  • 4 pere di qualità a “polpa dura”
  • 1 mela cotogna
  • 200 gr di fichi
  • 50 gr di mandorle
  • 50 gr di noci
  • 100 gr di nocciole IGP piemonte
  • 5 chiodi di garofano
  • 1 scorza di limone

Preparazione

Per preparare la nostra cognà, iniziamo dal mosto: in caso non sia possibile reperirlo già pronto, sarà necessario adoperarsi per la sua preparazione. Per prima cosa, pressiamo e setacciamo l’uva fino ad ottenere la massima quantità di succo possibile; il mosto dev’essere privato dai vinaccioli e dalle bucce per questa preparazione.

Dopodiché, versiamolo in una pentola e scaldiamolo fino a portarlo a bollore. Manteniamolo a fuoco moderato fino a quando non si sarà ridotto di metà circa del suo volume, schiumando, di tanto in tanto, attraverso l’uso di una schiumarola.

Qui, la seconda fase della nostra ricetta: tagliata la frutta a pezzi, uniamola al mosto. Continuiamo la cottura per altre due ore, aggiungendo infine le nocciole tostate, i chiodi di garofano ed i gherigli di noce sbriciolati. Mescoliamo bene il tutto, in modo che la mostarda assorba adeguatamente i profumi.

Versiamo la nostra cognà ancora calda nei barattoli di vetro a tenuta stagna, richiudendoli subito dopo. Bene, la nostra mostarda d’uva piemontese è pronta: si può servire ai nostri ospiti come perfetto accompagnando per polente, bolliti e formaggi, od anche spalmata sul pane o, volendo essere più creativi, assieme alla neve appena colta, così da creare un perfetto sorbetto tradizionale piemontese.

Alcune varianti prevedono l’aggiunta, oltre ai chiodi di garofano ed alle nocciole, anche di una stecca di cannella pestata finemente in un mortaio.

Mirco Spadaro

Classe '98, rivolese di nascita, frequenta il corso di Lettere Antiche a Torino, sotto il simbolo della città. Tra viaggi e libri, è innamorato della tecnologia e della scrittura e cerca, tra articoli e post su siti e giornali online, di congiungere queste due passioni, ora nella sua "carriera" come scrittore, ora con il "popolo di internet".

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