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Il Castello di Casale Monferrato, scrigno di storia e retaggio di guerre e conquiste d’Oltremare

Le alleanze e conflitti tra i Savoia e i Paleologi e i rapporti dei due casati con l’Impero d’Oriente

Casale Monferrato. C’è un castello in Piemonte, o meglio una fortezza, che non svetta né su un’altura scoscesa, né è arroccata su una vetta impervia. Eppure è di un’imponenza e di una maestosità rara. Si trova a Casale Monferrato, e i Casalesi lo chiamano semplicemente “il Castello”.

Il ponte d’accesso (già ponte levatoio) al Castello dei Paleologi di Casale Monferrato

Il suo nome completo riportato sulle guide turistiche è però quello di “Castello del Monferrato”, un nome che esprime rispetto, ammirazione, meraviglia: una denominazione che vale un’esclusiva. È cioè “il Castello” per eccellenza, ovvero “il Castello” per antonomasia in una terra che di “castella e vigna” è ricca e ben fornita: “il suol d’Aleramo”.  In effetti, si tratta di un monumento di rilevante importanza storica, ma anche una perla esemplare e rara di una plurisecolare architettura, residenziale, difensiva e militare. Il suo nucleo centrale fu fatto erigere a metà del secolo XIV da Giovanni II il Paleologo. Nella seconda metà del secolo successivo, venne ampliato e fortificato. Ulteriori ampliamenti furono eseguiti nel Cinquecento, quando ”il Castello del Monferrato” raggiunse la sua massima dimensione.

Veduta aerea del Castello del Monferrato e panorama della città di Casale

Sulla facciata dell’ingresso, rivolta verso il centro abitato, s’intuiscono ancora, benché murate, le cavità verticali in cui avevano sede le travi di sollevamento del primordiale ponte levatoio, che consentiva di valicare il profondo fossato che circonda la fortezza. Sono invece ancora presenti, alla base dell’arcuato portone d’ingresso, le due carrucole che consentivano di azionare il ponte levatoio di costruzione più recente, risalente all’800.  

Sopra l’ingresso sono murati due stemmi marmorei, di epoca rinascimentale e tra loro sovrapposti: quello più piccolo, in basso, riproduce le armi araldiche dei Gonzaga. Su quello più grande sono invece riprodotte sia quelle dei Gonzaga che quelle dei Paleologi.

I due stemmi araldici, tra loro sovrapposti, murati sopra al portone di accesso
al Castello di Casale

Non è un caso. Nel Castello del Monferrato, risiedeva la Corte dei Marchesi di Monferrato, gli Aleramici.

Dal matrimonio di Iolanda di Monferrato con il basileus Andronico II, nacque Teodoro, che nel 1305 ereditò il Marchesato, primo e unico greco a reggere un regno in Occidente. Fu l’inizio della dinastia dei Paleologi di Monferrato.  Nei secoli successivi, i rapporti politici con Bisanzio si allentarono, ma gli storici legami con la cultura bizantina e la memoria delle imprese orientali e delle conquiste d’Oltremare rimasero sempre ben salde e vive. Verso la metà del Quattrocento, venne adottato lo stemma con l’aquila bicipite, emblema dell’Impero d’Oriente, insieme allo stemma di Gerusalemme (una croce accantonata da quattro croci più piccole) e quello di Tessalonica (una croce accantonata da 4 lettere β), a ricordo delle antiche conquiste.

Iolanda del Monferrato

Vediamo di fornire al lettore qualche essenziale nota storica sul Marchesato del Monferrato, uno Stato piccolo, ma potente e coriaceo, dalla storia secolare e gloriosa, che lottò sempre con grande eroismo per difendere la propria autonomia, anche se non sempre con esito positivo.

Nel 1427 il marchese Giovanni Giacomo di Monferrato si alleò con Venezia nella guerra contro Filippo Maria Visconti, ma Casale fu occupata dalla compagnia di Francesco Sforza; Giovanni Giacomo si rifugiò a Chivasso, e Amedeo VIII di Savoia  (che nel 1416 aveva ottenuto il titolo di duca e sarebbe poi stato chiamato “il pacifico”, anche se pacifico a quanto pare non fosse così tanto) ne approfittò per dichiarare guerra al Paleologo. Attaccato su più fronti, Giovanni Giacomo fu costretto a cedere alle pretese del Savoia: Chivasso fu annessa al ducato, e il resto del Monferrato divenne un dominio controllato da Amedeo. Riottenuta a caro prezzo la pace, nel 1434 Giovanni Giacomo istituì Casale come capitale ufficiale del Monferrato.

I rapporti tra i Savoia e i Paleologi non furono sempre conflittuali. I Paleologi furono alleati con i Savoia nelle Guerre d’Oltremare;  ma se i Paleologi furono spesso protagonisti di battaglie e conquiste in queste imprese, i Savoia vi parteciparono solo sporadicamente, almeno fino al XII secolo. Nel 1366, però, Amedeo VI, il Conte verde, intervenne nella difesa dell’Impero di Bisanzio partecipando alla Battaglia di Gallipoli, impresa che gli comportò fama e prestigio internazionale. Per inciso, ricordiamo che verso la fine del Trecento i Savoia intrecciarono rapporti matrimoniali con i Lusignano, sovrani di Cipro, e nel 1485 il duca Carlo I ereditò dalla regina Carlotta il titolo di re di Cipro, che rimase da allora appannaggio della dinastia sabauda.

Neppure mancarono matrimoni di convenienza tra esponenti della dinastia sabauda con rampolli della dinastia dei Paleologi, come nel caso di Giovanna, figlia di Amedeo V che nel 1326 sposò il basileus Andronico III e che, dopo aver abbracciato la fede ordossa, assunse il nome di Anna Paleologhina e il titolo di basilessa, ovvero di imperatrice.

Un ritratto di Guglielmo IX Paleologo realizzato da Macrino d’Alba e conservato nel Tesoro del Santuario di Crea

Circa cento anni dopo, Nel 1533, mentre l’influenza francese sul Monferrato si accresceva sempre di più, la linea maschile dei Paleologi si estinse, con la morte dell’ultimo esponente, Giovanni Giorgio Paleologo. La crisi dinastica fu risolta nel 1536 dall’imperatore Carlo V d’Asburgo, che concesse il marchesato al duca di Mantova, Federico II Gonzaga, che aveva sposato Margherita, figlia di Guglielmo IX Paleologo, proprio per assicurarsi il Monferrato.

Ma non vogliamo tediare il Lettore. I libri di storia offrono dettagli ben più approfonditi sulla vicende centenarie di uno Stato indomito e tenace, di cui il Castello dei Paleologi, ovvero il Castello del Monferrato, o se preferite, “il Castello”, come – tout court – lo chiamano i Casalesi, è inconfutabile retaggio, simbolo e testimonianza.

Sergio Donna

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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