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Espulsi da leggi fasciste, giornalisti piemontesi reintegrati dall’Ordine

Venti giornalisti ebrei o dissidenti furono estromessi dall’Albo tra il 1922 e il 1940: il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti del Piemonte il 7 maggio scorso ha votato all’unanimità il loro reinserimento, quale riconoscimento morale post mortem

TORINO. Riprendendo un recente studio condotto dal Centro Studi Gino Pestelli di Torino, la Fondazione sul Giornalismo Italiano Paolo Murialdi ha ultimato una ricerca sui giornalisti piemontesi, dissidenti o ebrei che, per opposizione al regime o a causa delle deprecabili Leggi Razziali, tra il 1922 e il 1940, furono radiati dall’Albo dei Giornalisti.

Sulla base di questa approfondita ricerca, il 7 maggio scorso, il consiglio dell’Ordine dei giornalisti del Piemonte ha deliberato all’unanimità il reinserimento di venti firme del giornalismo piemontese nell’Albo.

 “Si tratta di un atto importante e di grande valore simbolico – afferma Alberto Sinigaglia, presidente dell’Ordine -, un risarcimento morale per onorare venti colleghi vittime di un allontanamento forzato dalla professione a causa del razzismo, un orrore che ha macchiato l’Italia alla vigilia della Seconda guerra mondiale”.

Tra i venti nomi esistono giornalisti della carta stampata, come le quattro firme della Gazzetta del Popolo (Dario Ascoli, Leonardo Ascoli, Amedeo Recanati, che fu anche redattore del giornale ebraico La nostra Bandiera, e il fotoreporter Silvio Ottolenghi), oppure Beniamino Calò, redattore de La Stampa, che nel ’38 venne allontanato dal giornale insieme al capo del personale Cesare Treves, anch’esso ebreo.

Alberto Sinigaglia, presidente regionale dell’Ordine dei Giornalisti

Ma non mancano giornalisti pubblicisti, che oltre a svolgere con passione lo loro attività professionale abituale (di medici, docenti, imprenditori, ecc.) dirigevano anche  riviste specializzate del loro settore, su cui pubblicavano articoli e saggi.

Tra i venti nomi dei giornalisti reinseriti post mortem troviamo così anche quello di Adriano Olivetti, che fu direttore della rivista Tecnica ed Organizzazione, fondata l’anno precedente all’emanazione delle Leggi Razziali, specializzata in innovative tematiche di organizzazione industriale e di rinnovamento tecnologico, nonché di strategie d’avanguardia di marketing e management aziendale.

Oppure quello di Emilio Foà, redattore de L’Organizzazione Industriale, oppure il medico torinese Mario Nizza, direttore della rivista La Ginecologia, o ancora: Roberto Bolaffi e Isacco Kraiterkraft.

Venti tessere restituite alla memoria di altrettanti giornalisti: per ciascuno di essi, la tessera rappresenta un simbolico e nobile riscatto della libertà di stampa e di espressione che a suo tempo venne ingiustamente negata.

Sergio Donna

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