LibriΩ Primo Piano

A tu per tu con la rivarolese Laura Doglione e il suo ultimo romanzo “Occhi di masca”

Un racconto potente capace di attraversare il tempo restando sempre attuale. Un’alchimia resa possibile dalla sua capacità di mettere nero su bianco la storia di due donne che conquistano il cuore del lettore, perché legate da un filo tenace, da un’essenza profonda che le accomuna. Sono così Netta e Malìa, le protagoniste del romanzo Occhi di masca, scritto dalla canavesana, Laura Doglione: hanno occhi che stregano, una sensibilità acuta, il contatto con lo spirito più magico della natura, l’amore per gli animali, un’anima selvatica la cui cifra dominante è il bisogno di libertà.

Nata a Rivarolo Canavese, insegnante in pensione, Laura Doglione ha già pubblicato due romanzi Con l’animo disposto a ogni battaglia (2008), Mira al cuore (2013) ed ha curato qualche anno prima La guerra di Kira (1995) scritto dalla madre Bianca Ballesio.

Ci racconta com’è nata questa sua ultima fatica letteraria?

La mia passione per la scrittura è nata col mio bisogno di raccontare. Sono figlia unica e fin da quando avevo 2-3 anni, se mi annoiavo restando sola in casa, iniziavo a creare delle storie. Ho sempre avuto la sensazione che avrei scritto un libro, anche se il lavoro e gli impegni mi hanno rallentata. Dopo i 50 anni ho scritto i miei primi romanzi per Edizioni Angolo Manzoni: Mira al cuore, un affresco sulla Resistenza Partigiana in Canavese, e un noir gotico “Con l’animo disposto a ogni battaglia”. Durante il lockdown e la pandemia le idee mi “inseguivano” e ho prodotto di più. Quella situazione particolarmente delicata, l’angoscia, la paura e il senso di morte provati in quei giorni mi hanno portata a pensare ai miei cari che non c’erano più. La storia di Netta di “Occhi di masca” è quella di mia nonna.

Dunque il romanzo è ambientato oltre un secolo fa?

La vicenda affonda le radici nel mistero e fascino di un mondo contadino antico, in quei primi anni del Novecento, caratterizzati dalla bellezza di una campagna ancora incontaminata e, d’altro canto, dalle migrazioni di famiglie intere che si trasferivano da una Regione all’altra seguendo le alterne fortune delle filande. Proprio come avvenuto per la mia, arrivata in Piemonte dalla Lombardia. Non mancano i riferimenti alla prima guerra mondiale e all’epidemia della Spagnola a cui mia nonna sopravvisse. Malìa, invece, vive la sua adolescenza nel primo dopoguerra. Un periodo nel quale si respirava modernità cominciando a parlare di diritti civili, femminismo e difesa dell’ambiente. Diciamo che i suoi valori sono i miei, la sua anima si rispecchia nella mia. Nella sua storia non mancano un pizzico di magia e alcuni protagonisti della lotta partigiana in Canavese, come la famiglia Colombo e la piccola Elena. A lei, vittima della crudeltà nazista, la città ha dedicato da poco un parco giochi.

Le due figure femminili del libro sono di un’attualità straordinaria in tema di uguaglianza, parità di genere e di diritti. Ce ne vuole parlare?

Netta e Malìa sono tutte e due un po’ antesignane. La determinazione femminile, il loro amore per animali e natura, il voler cambiare rapporti sociali e umani sono i loro segni particolari. Ho ereditato certamente il carattere di mia nonna, che era una femminista ante litteram. Le mie battaglie, l’aver realizzato i primi consultori a Cuorgnè, nascono da lei, dal suo esempio. Tuttavia, è una rivoluzione ancora tutta da attuare. La mentalità maschile di una parte della nostra società è rimasta ancorata a vecchi archetipi, duri da sradicare. In superficie sono cambiate molte cose, ma c’è tutto un lavoro da compiere nelle famiglie, educando le nuove generazioni. Va insegnato e spiegato ai giovani che le donne sono prima di tutto delle persone.

Cos’è per lei la scrittura?

E’ una cura. Un autore ha bisogno di scrivere. Noi artisti, a vario livello, non siamo mai perfettamente “centrati”. Abbiamo delle inquietudini e fragilità. Penso che la scrittura sia la loro cura, un balsamo per la mancanza di equilibrio perfetto.

A un giovane di oggi che ha come sogno nel cassetto quello di diventare uno scrittore cosa consiglierebbe?

Serve avere bisogno di storie. La famiglia e la scuola possono aiutare avvicinando i bambini e ragazzi al mondo dei libri, ma il vero scrittore nasce con questa necessità di storie, prima da raccontare e poi da scrivere. Viaggiare e conoscere altre realtà è importante. Non basta però. Jorge Luis Borges diceva che “Non scriviamo altro che la stessa storia”. Abbiamo, quindi, già dentro di noi tutto il materiale per scrivere. Bisogna poi leggere e leggere tanto, per affinare fantasia e stile.

E’ vero che nel suo futuro di scrittrice ci sono importanti novità in arrivo?

A breve vedrà la luce una nuova pubblicazione con Baima Ronchetti, un thriller molto particolare con protagonista una signora anziana e tranquilla che farà da tramite tra natura e mondo della magia.

Articoli correlati

Pulsante per tornare all'inizio