“Cerca e cavatura del tartufo” nel Patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO

«Ricordo anzi che più avanti negli anni un signore dei miei paesi sapendo che conoscevo l’Italia, mi chiese come mai aveva visto laggiù dei signori andare a pascolare i maiali, e io risi comprendendo che invece andavano in cerca di tartufi. Ma come io dissi a colui che questi signori ambivano a ritrovare il “tartufo” sotto la terra per poi mangiarselo, quello capì che io dicessi che cercavano “der Teufel”, ovvero il diavolo, e si segnò devotamente guardandomi sbalordito. Poi l’equivoco si sciolse e ne ridemmo entrambi», Umberto Eco, “il nome della rosa”.

Prezioso, gustoso, raro: che il tartufo sia speciale, nella cultura enogastronomica degli italiani, passeggiando per le strade della provincia di Cuneo, lo capirete facilmente. Afrodisiaco, nato da un fulmine scagliato da Giove sulla terra e per gli ateniesi un motivo per dare la cittadinanza ai figli di Cherippo, che avevano inventato una nuova ricetta basata sul favoloso tubero; di proverbi e leggende, sul Tubero per eccellenza, la storia ne è zeppa, con innumerevoli autori dell’antichità che si sono sbizzarriti nel ricostruire l’origine di questo tuber terrae. E se in queste pagine abbiamo già parlato di questo prodotto, così presente nella storia e nella cultura enogastronomica del Piemonte, oggi è confermato: la “cava e cerca”, la pratica di ricerca del tartufo, è diventata patrimonio dell’UNESCO.

«La candidatura del tartufo a patrimonio dell’umanità è un passo importante per difendere un sistema segnato da uno speciale rapporto con la natura in un rito ricco di aspetti antropologici e culturali che sviluppa nei territori vocati un business stima in oltre mezzo miliardo di euro», commenta la Coldiretti, la maggior associazione di rappresentanza e assistenza dell’agricoltura italiana.

Ed è un evento da non sottovalutare: si tratta, infatti, della prima candidatura nazionale del patrimonio immateriale, che disegna il tema della biodiversità culturale come fattore unificante per ben rappresentare l’interdipendenza tra uomo e natura nel mondo.

La Fiera del Tartufo di Alba è tra le più importanti rassegne al mondo

Ed il mondo del tartufo, in Italia, è davvero qualcosa da non sottovalutare, e non soltanto per le enormi cifre che ci gravitano attorno – parliamo, infatti, di una rete nazionale composta da migliaia di tartufai in più di 14 Regioni italiane! -, ma anche per l’immenso patrimonio di cultura e tradizione che questo mestiere antichissimo si porta dietro.

Un percorso lungo: l’iter, avviato dall’istanza delle associazioni dei tartufai ai ministeri della Cultura e dell’Agricoltura ben otto anni fa, fino alla presentazione della candidatura illustrata dalla sottosegretaria alla Cultura Borgonzoni a marzo 2020, è giunto in queste ultime settimane a compimento; «un’ottima notizia», commenta Borgonzoni, aggiungendo che «con questa iscrizione salgono a 15 gli elementi italiani che fanno parte del patrimonio culturale immateriale dell’umanità riconosciuto dall’Unesco».

«L’annuncio avviene in un anno particolare per le condizoni climatiche che hanno fatto schizzare il prezzo medio del tartufo bianco a 450 euro all’etto al borsino del tartufo di Alba, punto di riferimento a livello nazionale per il tubero piu’ prezioso d’Italia. A far alzare le quotazioni è stato il lungo periodo di siccità che ha frenato le nascite del pregiato tubero ma si spera ora negli effetti positivi del maltempo con le precipitazioni non stop da inizio autunno nelle regioni vocate per la raccolta, dalle Marche alla Calabria, dall’Umbria al Molise, dall’Abruzzo alla Toscana fino al Lazio e al Piemonte. Il Tuber magnatum Pico – conclude la Coldiretti –coinvolge in Italia circa 200.000 raccoglitori ufficiali che riforniscono negozi e ristoranti che attendono la decisione finale prevista dal 13 al 18 dicembre», conclude la Coldiretti

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