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Censin Bosìa, il mitico portiere granata ai tempi del “trio delle meraviglie”

Per le sue parate straordinarie un giorno venne portato in trionfo dagli avversari dopo una partita amichevole giocata in Argentina. La città di Asti, dove nacque e morì, gli ha dedicato lo stadio

TORINO. Il suo cognome era Bosìa, con l’accento sulla i, ma il problema della corretta pronunzia non esisteva, perché lui, per tutti, era Censin. Astigiano doc, Vincenzo Bosia, classe 1906, venne presto adocchiato dagli osservatori della squadra granata, e a vent’anni era già diventato il portiere del Football Club Torino.

Era felice di essere entrato in un club dalle grandi ambizioni, anche se un po’ gli era spiaciuto lasciare l’avviata bottega di famiglia, in cui suo padre, mastro bottaio, gli stava insegnando un mestiere che gli avrebbe garantito buoni guadagni. Ma il contratto del Torino era irrinunciabile, prendere o lasciare: 600 lire al mese, più un premio di 150 lire ogni partita vinta. E poi Asti non era così lontana. Poco più di un’ora di treno o di corriera, e avrebbe potuto spesso riabbracciare i suoi.

Censin Bosia era alto un metro e settantacinque: oggi sarebbe considerato un lillipuziano, vista l’attuale statura media dei numeri uno. Già allora, in effetti, non era considerato un gigante, ma il suo senso del piazzamento, la sua costante concentrazione durante la partita, e soprattutto le sue doti acrobatiche rappresentavano una sicurezza tra i pali per i compagni di squadra, e ne facevano un portiere eccezionale.

Maglia grigia, chiara o scura, per distinguerlo dai compagni granata, il numero uno del Torino indossava un tipico berretto all’irlandese in tweed, che non abbandonava mai, anche nei mesi più caldi, Censin Bosia si bardava di tutto punto per far fronte ai duri scontri con gli attaccanti avversari: spalliere, imbottitura ai fianchi, ginocchiere, parastinchi, scarpini robusti, pronto a farsi strada tra gli incursori in area e a recuperare palloni insperati, anche a costo di qualche provvidenziale calcione e gomitata, quand’era necessario.

La formazione del Toro con cui Bosìa vinse lo scudetto nella stagione 1927-28

Restò al Torino dal campionato 1926-27, quello dello scudetto revocato, fino al campionato 1935-1936. Nel 1928 si aggiudicò lo scudetto e nel 1929 sfiorò per un soffio, con la squadra, di nuovo l’impresa. Nella sua ultima stagione, in cui il Torino conquistò la Coppa Italia, Censin aveva lasciato il posto a Giuseppe (Pino) Maina, destinato a diventare un altro mito tra i portieri granata, ma restandogli accanto come portiere di riserva.

La nostra generazione, che non ha potuto conoscere di persona questo grande numero uno, ha però potuto ripercorrerne il mito, attraverso i ricordi e le testimonianze di chi ha condiviso le sue imprese, oppure attraverso le cronache delle partite dell’epoca.

Censin Bosia, con Libonatti, Janni e Baloncieri

Spesso affiancato nella gloria ai campioni granata del “trio delle meraviglie” (Adolfo Baloncieri, Julio Libonatti e Gino Rossetti), il mitico portiere granata dall’ovale allungato, il naso affilato, il sorriso un po’ serafico, ed i capelli biondi sempre coperti da un berretto irlandese (che per le sue parate straordinarie un giorno venne portato in trionfo dagli avversari dopo una partita amichevole giocata in Argentina) è mancato nella sua amata Asti nel 1978. La città gli ha dedicato lo Stadio comunale.

Sergio Donna

Le fotografie sono state gentilmente concesse dallo scrittore e appassionato di storia granata Giancarlo Morino, e sono tratte dal Calendario 2020 “I portieri nella storia granata”, edito a cura del “Toro Club Pianelli”.

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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