E’ risaputo. Carlo Alberto di Savoia, re dal 1831 al 1849, fu un grande appassionato di archeologia. E l’amava così tanto da prendere parte direttamente agli scavi effettuati in Sardegna. A narrare la sua passione è la mostra “Carlo Alberto archeologo in Sardegna”, inaugurata nei giorni scorsi al Museo di Antichità di Torino e che resterà aperta sino al 4 novembre. La rassegna curata da Gabriella Pantò con la collaborazione di Raimondo Zucca dell’Università di Sassari, racconta attraverso 150 opere un aspetto inedito del re, conosciuto per aver firmato nel 1848 lo Statuto che ne porta il nome.
Il sovrano tra il 1829 e il 1843 partecipò personalmente ad attività di scavo in Sardegna, portando a Torino bronzi e vasi in ceramica. I reperti, già suddivisi tra il “Gabinetto privato di Sua Maestà”, il Museo di Antichità, l’Armeria e il Palazzo Reale, furono per molto tempo conservati nei depositi e sono oggi esposti nell’ambito della mostra, dopo accurati restauri e nuovi studi. Sull’isola Carlo Alberto partecipò ai lavori con grande entusiasmo, traendo lui stesso dal terreno i reperti e, tra questi, anche un falso che fece interrare il famigerato direttore del Regio Museo di Cagliari, Gaetano Cara, ideatore della truffa che portò centinaia di bronzetti in molti importanti musei, come quello del Louvre, a Roma, a Lione, a Catania, a Cagliari e naturalmente – in occasione della mostra – anche ai Musei Reali. A questo nucleo si aggiungono importanti reperti provenienti dalla Sardegna acquisiti grazie all’interesse collezionistico dei Savoia, come il mosaico di Orfeo da Cagliari (1763), le stele puniche già esposte nel 1764 nel Regio Museo torinese, una celebre base di colonna con iscrizione in latino, greco e punico, da San Nicolò Gerrei (1861) e il nucleo di fibbie bizantine parte delle collezioni di Bartolomeo Gastaldi (prima del 1895).
Tra l’altro, Carlo Alberto sostenne la ricerca archeologica anche in Piemonte, nelle città romane di Industria e Pollenzo.
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