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Cardo gobbo, rinasce una tradizione della Valle Belbo

NIZZA MONFERRATO. Uno dei prodotti tipici piemontesi è il cardo gobbo di Nizza Monferrato. Forse non tutti lo sanno, ma la denominazione “gobbo” deriva dal tipo di coltivazione cui è sottoposto. A Nizza Monferrato l’ortaggio, per superare la rigidità dell’inverno, viene parzialmente sotterrato; in questo modo la pianta, nel tentativo di cercare la luce, si curva verso l’alto assumendo la caratteristica forma gobba. Questo trattamento permette alla pianta di superare i mesi più freddi e, in particolare, rende il gambo bianco, più tenero e delicato al palato.

I cardaroli sono un pezzo di storia della Valle Belbo. Una storia di cent’anni, di quattordici alluvioni, di un mestiere faticoso, di quelli che si fanno solo con le mani, al freddo, a volte nel fango; di quelli veri, da difendere e di cui andare fieri. I cardi nascono nei terreni sabbiosi tra Nizza Monferrato, Incisa Scapaccino e Castelnuovo Belbo. Si seminano a maggio, si raccolgono a ottobre e diventano «gobbi» grazie a una particolare tecnica di coltivazione. Non si irrigano, non si concimano e non si trattano.

A settembre, quando sono già alti e rigogliosi, sono piegati e ricoperti di terra. È qui che, tentando di liberarsi per ritrovare la luce, si gonfiano e si incurvano trasformandosi in cardi gobbi; è qui che le coste perdono ogni traccia di clorofilla, diventando bianchissime e tenere. Dopo un mese l’imbianchimento è compiuto: si dissotterrano i cardi, si eliminano le foglie esterne e le coste rovinate con la purinetta (una roncola lunga e sottile) e si tiene il cuore. Basta risciacquarli con un po’ d’acqua e sono pronti: straordinariamente croccanti e dolci.

Tutti i cardi si mangiano cotti, soltanto il cardo gobbo di Nizza Monferrato è buono crudo, ingrediente fondamentale di uno dei piatti simbolo della gastronomia piemontese: la bagna cauda, salsa bollente a base di aglio, olio extravergine e acciughe.
Non si tratta semplicemente di un piatto, ma di un rito corale: sobbolle in una terrina di coccio al centro della tavola e i commensali intingono le verdure a tocchetti (cardi, peperoni, cavoli, cipollotti…) portandoli alla bocca e raccogliendo l’olio con il pane. A Nizza Monferrato esiste una «Confraternita della bagna cauda e del cardo gobbo».
Ovviamente, i cardi gobbi si possono cucinare ripieni, fritti, nelle zuppe e in molti altri modi.

Il cardo gobbo bene si accompagna con la bagna cauda

Pochi anni fa i cardaroli erano pochi e malpagati e il cardo gobbo di Nizza Monferrato un prodotto straordinario, ma sempre più raro. Proprio per questo SlowFood ha messo in campo un Presidio che ha imposto un rigido disciplinare e controlla la qualità del prodotto degli aderenti. Il cardo gobbo prevede una faticosa e tradizionale tecnica di coltivazione che non ammette scorciatoie. Le foglie vengono legate e la pianta delicatamente piegata e ricoperta di terra a partire da settembre. Al buio crescerà priva di luce, l’assenza della sintesi clorofilliana contribuirà a farle perdere l’amaro. Il freddo lo farà diventare croccante. Il “gobbo” è l’unico cardo che si può mangiare crudo.

Attenzione però: non basta che il cardo sia bianco per garantire la qualità. Molti coltivatori infatti interrompono la sintesi clorofilliana semplicemente coprendo le piante con plastica nera. Ma la verdura resta amara e non si presta alle preparazioni classiche del cardo gobbo. Dunque meglio puntare sui prodotti con il marchio del presidio.

Piero Abrate

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