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Edilizia a Torino, una crisi senza fine: in dieci anni dimezzati gli iscritti alla Cassa Edile

Antonio Mattio

TORINO. La crisi dell’edilizia sembra non avere fine a Torino. È dal 2008 che i costruttori fanno i conti con una crisi del genere, mai vista così aggravata dall’unità d’Italia ad oggi: in dieci anni, senza contare l’indotto, si sono visti dimezzare gli iscritti alla Cassa Edile, da 18 mila a 9 mila, con una riduzione del 40% delle imprese e del 46% a partire dall’anno successivo e fino al 2017; ma il quadro non sembra ancora essere migliorato di quest’anno, lo conferma il presidente del Collegio Costruttori, Antonio Mattio, parlando di una “situazione disastrosa”. Su un fronte risultano pochi cantieri e ancor meno opere pubbliche da realizzare, oltre alla difficoltà di accedere al credito bancario; mentre sull’altro il “cancro della burocrazia” – assieme ad una pressione fiscale che vede Imu e Tari coprire il 60% delle entrate tributarie del Comune – si trasforma in una “leva al ribasso”. Si tratta di un vero e proprio assedio, come sottolinea Mattio – alla guida del Collegio dallo scorso novembre – non senza “una forte preoccupazione per l’unico settore economico ancora fermo in termini di investimenti e occupazione. Come aver avuto 18 ‘casi Embraco’ in un decennio, due crisi all’anno”.

Secondo un’indagine di Ance Piemonte sulla congiuntura del comparto edilizio nel periodo gennaio-luglio 2018, emerge che l’87,7% delle imprese edili ha messo in preventivo una riduzione del fatturato nei prossimi sei mesi, mentre il 21,7% delle aziende dovrà ricorrere alla riduzione del personale; intanto, oltre mille imprese hanno già chiuso a causa della crisi. Per tale motivo, per fronteggiare la perdurante crisi del settore dell’edilizia, la città di Torino ha quindi deciso la creazione di un tavolo di lavoro che ha visto riunire l’Assessorato all’Urbanistica, il Collegio Costruttori, l’Aniem (Associazione Nazionale Imprese Edili Manifatturiere), l’Aspesi (Associazione Nazionale tra le Società di Promozione e Sviluppo Immobiliare) e l’Ordine degli Architetti di Torino. L’obiettivo del gruppo di lavoro era quello di individuare le azioni da attuare nel breve periodo per “tamponare” questa evidente tendenza negativa del settore. Sono così state approvate, durante la seduta della giunta comunale tenutasi martedì 10 luglio, alcune agevolazioni in materia di ristrutturazione edilizia – proposte di modifica al regolamento comunale in materia di disciplina del contributo di costruzione; l’impegno dell’amministrazione comunale è finalizzato alla riduzione del consumo di suolo, e gli oneri di urbanizzazione sono una delle leve per favorire la ristrutturazione o la rigenerazione dell’esistente e per disincentivare le costruzioni su suolo libero. Mattio, che ha appreso con favore tale delibera, sostiene che «il settore dell’edilizia è uno dei pochi che contribuisce a creare posti di lavoro nel nostro Paese perché non può essere delocalizzato”. Lo stesso ha poi sottolineato che “le nuove disposizioni, che condividiamo, possono innescare un circolo virtuoso che facilita non soltanto i nostri addetti, ma anche tanti cittadini che saranno incentivati a fare interventi che migliorano la qualità e l’efficienza degli edifici in cui abitano. Si tratta di un primo positivo passo a cui auspichiamo ne seguiranno molti altri in linea con quanto condiviso in questi mesi con l’amministrazione comunale».

Decisamente migliore è la situazione oltre Ticino. Secondo quanto emerge dall’osservatorio congiunturale sull’industria delle costruzioni milanesi – presentato nel febbraio 2018 presso la sede dell’Ance – le previsioni preannunciavano una crescita del 2,4% degli investimenti totali in costruzione. In particolare, di una crescita del 2,8% degli investimenti in nuove abitazioni e dell’1,3% in opere di riqualificazione, sottolineando però che maggiori effetti positivi si sarebbero potuti ottenere con l’approvazione di misure fiscali orientate alla rigenerazione urbana. Inoltre, sul fronte delle opere pubbliche, l’associazione presumeva una crescita degli investimenti del 2,5%, sottolineando che il risultato teneva conto degli stanziamenti messi in campo dal Governo, dall’avvio della ricostruzione delle zone terremotate e dall’approvazione, a fine 2017, del contratto di programma Anas. Secondo tale studio, il risultato sarebbe quindi ottenibile solo in caso di superamento degli ostacoli ai meccanismi di spesa della Pubblica Amministrazione.

Redazione

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