Per noi è il giglio nato dal latte di Eva dopo la cacciata dal paradiso e come tale cresce sparso sulle asperità collinari e tra la vegetazione di bassa montagna. Per i greci e per i latini è il fiore dei Campi Elisi, un luogo simile al nostro paradiso terrestre, pieno di boschi e dove i beati giungono.
Per accedervi bisogna oltrepassare il regno di Ade, quello degli inferi, come ad ogni stagione primaverile, faceva Proserpina per tornare dalla madre Demetra.
Il bianco giglio è infatti dedicato alle due dee: quando Proserpina fu rapita da Ade e portata agli inferi, suscitò l’ira di Demetra e con l’intervento anche di Zeus fu costretto a restituire la figlia alla terra. Ma Proserpina stessa avendo già mangiato un frutto degli inferi dovette tornare là sotto all’inizio di ogni inverno.
L’asfodelo, fiore dei beati per eccellenza è legato a questo mito dell’aldilà e si dice che non solo con la sua bianca fioritura rallegrasse i beati, ma i suoi bulbi servivano anche come cibo alle anime di coloro che lassù giungevano; inoltre in epoca di carestia anche quaggiù i vivi se ne cibavano.
E’ un fiore che può star bene nei giardini e nei litorali del Mediterraneo, non teme la siccità né il terreno arido un fiore bello a vedersi quando si erge alto sulla sua asta regia e s’impone sulla vegetazione sottostante, come un fiore della Pampa, ma assai più gradevole perché ha i fiori che si aprono dal basso sino alla punta in giugno e luglio, e sono di lunga durata.
Se coltivato in terreno fresco diventa ancora più alto e più grande con il suo stelo fiorito. Ma la sfida è che sia disponibile anche per le cattive stagioni minacciate dalla siccità, poiché resiste bene ed è anche facile da coltivare. L’ideale è piantarlo in primavera o in autunno, prendendo alcune radici rizomatose ben formate e divise, interrandole e poi badando a ricoprirle con una buona pacciamatura di foglie se il clima è freddo.
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