TORINO. Sino agli anni Settanta di piòle ce n’erano ancora tante a Torino, in centro, come in periferia. Oggi, quelle autentiche, quelle DOC, sono scomparse, lasciando il posto ad attività d’altro tipo, trasformandosi in bar anonimi, o al massimo in birrerie alla moda. Via il bancone sontuoso e massiccio con dietro la stagera, via le sedie impagliate, le credenze addossate alle pareti, i tavoli pesanti di legno scuro. Via pure il pavimento fatto di assi o di vecchie mattonelle esagonali e le stufe accanto alle quali c’era il cestone della legna, e poi il tubo per il fumo, detto canun, che attraversava tutta la stanza, solitamente appeso con il fil di ferro.
Nelle pagine di questo libro le piòle sono descritte nelle loro innumerevoli sfaccettature, tra l’amarcord e il desiderio di salvare dall’oblio una parte importante della cultura piemontese.
Massimo Centini, Un bon bicer ed vin… C’era una volta la piòla, Il Punto Piemonte in Bancarella, 256 pagine, 15 euro
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