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Alla scoperta delle dimore storiche del Pinerolese: villa La Paesana e palazzotto Juva

PINEROLO. L’itinerario 2019 delle dimore storiche del Pinerolese, che prevede l’apertura al pubblico di una decina di edifici di pregio, tra castelli, palazzi nobiliari e ville antiche, situati nella fertile pianura protesa dalla cintura sud di Torino ai contrafforti alpini attorno a Pinerolo, offre ai visitatori la possibilità di conoscere due importanti residenze private, significative per valori architettonici, ambientali e artistici, immerse nelle campagne tra Piobesi Torinese e Volvera.  

La prima, nota come villa La Paesana, nel territorio comunale di Piobesi, richiama nel nome il committente dell’edificio, il conte Baldassarre Saluzzo di Paesana e Castellar, conosciuto dai Torinesi per aver avviato nel 1715 la costruzione della grandiosa residenza cittadina di famiglia, il palazzo Saluzzo Paesana, realizzato su disegno dell’ingegner Gian Giacomo Plantery, che diede forma al più vasto edificio nobiliare della capitale sabauda, di proporzioni tali da occupare, scelta inusuale, l’intera superficie d’un isolato, quello dedicato a San Chiaffredo. L’impressione suscitata dalla magnificenza e dalle dimensioni del palazzo, che ambiva a gareggiare in fasto e sontuosità con le sfarzose dimore dei regnanti sabaudi, fu tale da attirare l’attenzione del sovrano, al tempo Vittorio Amedeo II: giudicando privilegio eccessivo che un palazzo privato fosse provvisto di due ingressi monumentali, il re dispose la chiusura del secondo androne, quello affacciato sull’attuale via Bligny, lasciando in funzione il portone principale su via della Consolata.

Villa Paesana a Piobesi

Fu nel 1699 che il conte Baldassarre Saluzzo di Paesana acquistò la proprietà sita nelle campagne di Piobesi, sino ad allora nota come “Respaglie di mezzo”, con l’intento di realizzarvi un pied-à-terre per l’attività venatoria, in considerazione sia della vicinanza alla capitale sabauda, all’incirca 18 chilometri, sia della contiguità dei terreni alle riserve di caccia dei boschi di Stupinigi. La villa, più modesta rispetto all’attuale edificio, appariva provvista di un elegante viale d’accesso e di una cappella gentilizia e contornata da un giardino all’italiana, il cui disegno venne predisposto dallo stesso conte, che provvide anche, secondo la testimonianza di uno storico locale, a stabilire “quante e quali piante dovessero essere messe a dimora”. La villa fu battezzata, per volontà del conte, “La Paesana”, nome che conserva tuttora, per “ricordare, anche in territorio di Piobesi, il suo feudo”.

La svolta avvenne però a fine Settecento quando villa e terreni, già ceduti nel 1737 dai Saluzzo di Paesana ai Graneri de la Roche, vennero rilevati da Modesto Gautier, appartenente a una facoltosa famiglia originaria del vicariato di Barcelonnette (località della valle dell’Ubaye in Francia che fu sabauda sino al trattato di Utrecht del 1713, quando i Savoia la cedettero al sovrano francese) e stabilitasi in Torino dal 1686. Da Modesto Gautier discendono gli attuali proprietari, conti Gautier di Confiengo.

Il nuovo acquirente commissionò tra fine Settecento e primo Ottocento importanti lavori di ammodernamento, che comportarono l’ingrandimento della villa, composta da un corpo di fabbrica centrale e due padiglioni laterali di maggiore altezza, e la ridefinizione dell’area verde, modellata secondo il gusto del giardino paesaggistico o all’inglese, che riproduce la spontaneità della natura con l’alternarsi di macchie d’alberi, radure, distese prative e prospettive pittoresche, capaci di aprirsi in modo inaspettato, per suscitare sorpresa nel visitatore. In base al giudizio di alcuni studiosi, si ritiene che certe caratteristiche del giardino rivelino la firma del suo progettista, identificato nel celebre Xavier Kurten, architetto di giardini d’origine tedesca, attivo per la committenza sabauda a Racconigi, Pollenzo, Agliè.  

Il parco della villa, esteso su circa tre ettari, comprende varietà botaniche esotiche, come tassodi e liriodendri, che venivano spesso importate in Occidente dai cosiddetti “cacciatori di piante” e vendute a caro prezzo per l’ornamento dei giardini dell’aristocrazia europea, e specie locali, quali roveri, tigli, carpini, aceri, olmi, pini, quasi a riprodurre un lembo di foresta planiziale piemontese, in cui si notano le tracce di una vivace frequentazione faunistica (tra queste, i gusci azzurrini, resti delle uova deposte dagli aironi).

La seconda villa storica che vi presentiamo è il palazzotto Juva, sito a poca distanza dal paese di Volvera, in prossimità del recinto degli stabilimenti Fiat Ricambi, che s’insediarono negli anni Settanta su una parte dei terreni in origine appartenenti al complesso. Il nome di questo edificio, che si trova all’interno della Cascina Pascolo Nuovo, lungo la provinciale che collega Volvera a Airasca, richiama la figura di Giacomo Pio Juva, di famiglia valsesiana, che nel 1797 acquistò cascina e terreni, rilevandoli dall’Opera Pia dell’Albergo di Santa Croce in Villastellone. Il nuovo proprietario diede il via alla costruzione della villa padronale,  dotandola di una torre merlata, ad imitazione d’un castello medievale, secondo una moda diffusa nelle classi aristocratiche e borghesi del vecchio Piemonte, perdurata sino al primo Novecento, che vedevano nelle forme architettoniche richiamanti l’immagine del “castello” uno status symbol, la proiezione concreta d’una superiorità sociale, oltre che l’evocazione simbolica di quei valori tradizionali in cui esse si riconoscevano.

Palazzotto Juva a Volvera

In precedenza la cascina, chiamata del Pasco (prima di essere ribattezzata “del Pascolo Nuovo”), era appartenuta al governatore sabaudo di Pinerolo, conte Folgoris di Scalenghe, che cadde in disgrazia dopo aver capitolato di fronte al nemico e consegnato la città agli assedianti francesi. Costretto all’esilio, nel 1635 cedette la cascina al conte Piossasco di Rivalba, archibugiere del duca di Savoia. Come si può notare, le vicende costruttive, i passaggi di proprietà e le alterne fortune di queste dimore storiche e delle cascine a loro annesse sono strettamente intrecciate con la storia della dinastia sabauda e delle famiglie ad essa legate.

I terreni della vecchia cascina del Pasco mantennero la loro vocazione produttiva, venendo destinati da metà Settecento sino all’Ottocento inoltrato alla coltivazione della vite, estesa su 17 giornate piemontesi, e alla risicoltura.

Torniamo però al cantiere avviato dal conte Juva tra 1795 e 1810 per l’edificazione della villa padronale, concepita come sede delle villeggiature estive della famiglia: i lavori per la decorazione degli interni vennero affidati al pittore Mariani, cui si devono i dipinti murali a tempera in stile neoclassico che ornano le volte dei due saloni al piano terreno e che raffigurano paesaggi e castelli del Palatinato, tra cui il castello di Heidelberg, affacciato sul fiume Neckar, affluente del Reno. L’interrogativo circa la presenza di tali pitture è ancora senza risposta, benché i coniugi Canavesio-Bruno, attuali proprietari, stiano conducendo indagini al riguardo. Possiamo ipotizzare un legame di parentela tra gli Juva e qualche nobile famiglia originaria della regione tedesca oppure immaginare che il padrone di casa abbia visitato quelle terre, portando con sé come souvenir di viaggio dei disegni, stampe o incisioni, raffiguranti i castelli della zona, con l’intento di farli riprodurre sulle volte della villa di Volvera.

L’itinerario delle dimore storiche del pinerolese, oltre alle due ville descritte, comprende altre strutture significative: il castello di Osasco, il castelletto di Buriasco, la villa Giacosa-Valfrè di Bonzo a Pancalieri, villa Lajolo a Piossasco, il castello marchesi di Romagnano a Virle, il Torrione a Pinerolo, il castello di Miradolo e il castello di Marchierù. Questi edifici, in molti casi, sono testimonianza del forte legame mantenuto nel tempo dalle famiglie della nobiltà piemontese e sabauda, che avevano costruito le loro dimore a Torino per essere vicine alla sede della corte, con le campagne circostanti, dove gestivano fondi agricoli e edificavano ville per i soggiorni estivi, e con i territori d’origine, in cui si trovavano i castelli degli antenati.  

L’obiettivo che si sono prefissi gli ideatori dell’iniziativa, tutti iscritti all’Associazione Dimore Storiche Italiane (ADSI), è di proporre, facendo perno sull’apertura al pubblico delle antiche dimore di loro proprietà, un circuito turistico e culturale destinato a valorizzare le tante risorse di cui è ricco il Pinerolese, che spaziano dall’ambito artistico, architettonico e storico al patrimonio ambientale, paesaggistico e enogastronomico.  

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